Il pentito Mutolo: “I boss scarcerati sono parte della trattativa Stato-mafia. Di Matteo al Dap dava fastidio”
Una “vergogna”, che “fa parte della trattativa Stato-mafia“, la quale è “tutt’ora in corso”. Il pentito di mafia Gaspare Mutolo interviene sull’affaire della scarcerazione dei boss e dice: non hanno voluto Nino Di Matteo al Dap proprio perché “la sua nomina avrebbe potuto avere delle ripercussioni sulla trattativa”.
Chi è Gaspare Mutolo, pentito storico di Cosa nostra
Mutolo, che ha rilasciato un’intervista esclusiva con l’agenzia di stampa Adnkronos dalla sua residenza segreta, è un pentito di mafia “storico”. Alle spalle ha ventidue omicidi e l’esperienza come scagnozzo del boss palermitano Rosario Riccobono, killer ed autista del capo dei capi corleonese, il sanguinario Totò Riina. Una carriera criminale portata avanti fino al 1991, quando decise di collaborare con i giudici Giovanni Falcone prima e Paolo Borsellino dopo. Per Mutolo le scarcerazioni dei boss e di altri detenuti che erano al carcere duro sono prive di logica, perché “è molto più probabile essere contagiati dai propri familiari che in isolamento”.
Bonafede dice che torneranno in carcere? “Una buffonata”
Per Mutolo, poi, “è inutile che adesso il ministro Bonafede annunci in pompa magna che li vuole fare ritornare in carcere. Ormai sono fuori. I buoi sono scappati dal recinto. Ci vorrebbe forse una legge ad hoc, come fecero Andreotti e Martelli tanti anni fa. Ma, in ogni caso, è una buffonata“. “Ripeto, è assurdo fare uscire 376 tra mafiosi e altri detenuti, perché potrebbero tornare a delinquere”, ha aggiunto Mutolo, spiegando di aver conosciuto bene uno dei boss scarcerati, Francesco Bonura: “È un gran signore, ma sempre mafioso è…”.
“La trattativa Stato-mafia c’è ancora”
Ma come si spiegano queste scarcerazioni? Per Motulo “fanno parte della trattativa tra Stato e mafia”. “È stata la prima cosa che ho pensato quando ho letto delle scarcerazioni dei boss: che ci potevano essere ancora quei patti, anche se fatti in ritardo. Basti pensare – ha spiegato il pentito – a quello che sta facendo Giuseppe Graviano dal carcere. Lancia segnali con le sue dichiarazioni nel processo di Reggio Calabria. Prima non sarebbe stato immaginabile”. “Fa tutto parte della stessa strategia. La trattativa tra Stato e mafia non è mai finita. Vedrete…”, ha detto, spiegando poi che anche la nomina di Nino Di Matteo a capo del Dap è saltata per questo motivo. “Ha fatto moltissimo contro la mafia e al Dap avrebbe potuto fare danni ai boss”, ha sostenuto Mutolo, affermando che “io, già 20 anni fa, avevo detto in una intervista che secondo me assomigliava a Falcone, come tipo di giudice”.