Per l’amico di Di Maio spunta un’autocertificazione pure per il conflitto d’interessi
“Onestà, onestà!” gridava Luigi Di Maio ai tempi del vaffa day. Una vita fa. Ora le cose si sono complicate, un po’ per banale polemica, un po’ perché la politica è anche questo.
Per escludere conflitti d’interesse o cause di ineleggibilità nelle nomine ai cda di società pubbliche basta l’autocertificazione. È la principale novità introdotta sul tema dal ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri solo qualche settimana fa. La direttiva è stata approvata in sordina. Piano, piano. Senza fare troppo rumore. È accaduto il 14 aprile, quando ormai la procedura di selezione dei nuovi vertici delle società pubbliche quotate (Eni, Enel, Leonardo, Poste, Terna, Mps ed Enav) si stava concludendo.
I nomi dei presidenti e degli amministratori delegati sono stati concordati dalla maggioranza a distanza di pochi giorni. Esattamente il 17 aprile. Il provvedimento di Gualtieri conferma una prassi in base alla quale l’individuazione dei candidati avviene con il supporto di società specializzate nella ricerca e selezione dei top manager. Il dipartimento del Tesoro assicura l’istruttoria tecnica da sottoporre all’organo di indirizzo politico. La novità, però, è che all’esito dell’individuazione dei nominativi da indicare nelle liste o da presentare in assemblea, provvede ad acquisire dagli interessati l’autocertificazione relativa al possesso dei requisiti soggettivi e di eleggibilità e al curriculum vitae.
Nella direttiva precedente (quella firmata da Pier Carlo Padoan), che aveva cancellato le restrizioni alla nomina introdotte dalla direttiva Saccomanni del 2013 in caso di rinvio a giudizio o condanna, si affermava invece che il dipartimento del Tesoro sottopone al ministro dell’Economia una lista di nominativi, accompagnata da una relazione di sintesi che illustri i profili dei candidati, anche in relazione alle specifiche caratteristiche della singola società. Nonché la sussistenza dei requisiti di eleggibilità. Invece con la direttiva Gualtieri non è più prevista una verifica degli uffici del Tesoro, ma è direttamente il soggetto candidato ad autodichiarare l’inesistenza di situazioni di ineleggibilità, mancanza di requisiti di onorabilità, conflitti d’interesse.
Ma facciamo un passo indietro. Il 19 febbraio, rispondendo a un’interrogazione del capogruppo della Lega alla Camera, Riccardo Molinari, scrive il Sole 24 Ore, il ministro Gualtieri aveva assicurato che andava bene la direttiva Padoan del 2017. “La selezione dei componenti degli organi di amministrazione e controllo nelle società direttamente controllate dal Mef è improntata a criteri che hanno l’obiettivo di individuare le professionalità migliori e le competenze manageriali necessarie. La direttiva del 16 marzo 2017, adottata dall’allora ministro Padoan, è coerente con il rispetto di tali criteri qualitativi e attitudinali e con le necessarie regole di trasparenza”.
Poi il Mef ha cambiato la direttiva. Perché? “In considerazione della numerosità dei rinnovi degli organi sociali da effettuare si rende opportuno aggiornare la direttiva del 16 marzo 2017 al fine di assicurare la necessaria efficacia operativa”, dice la direttiva Gualtieri. Tutto questo potrà sembrare normale. Ma, ecco, che entra in gioco qualcosa che fa sentire un’intensa puzza di bruciato nel Palazzo. E arriva un caso di sospetto di conflitto d’interessi che farà discutere.
Quello di Carmine America, ex compagno di liceo di Luigi Di Maio, consigliere speciale di Di Maio al ministero degli Esteri e prima al Mise. America è stato candidato dal Mef al nuovo cda di Leonardo (ex Finmeccanica). Il suocero di America, però, è proprietario di un’azienda meccanica campana che è fornitrice del gruppo Leonardo. Qualcosa sembra non tornare. Esiste un conflitto d’interessi? Secondo l’autocertificazione firmata da America: no. Coincidenze. Ma i dubbi restano. E sono molti.