Detenuti fuori per virus. Il Lazio di Zingaretti offre i soggiorni in hotel
La Regione Lazio paga il soggiorno in bed and breakfast a cinque detenuti in semilibertà, nell’ottica di prevenire la diffusione del Coronavirus in carcere.
La «determinazione» (orrendo termine burocratese in uso in quei palazzi) del 18 marzo scorso è firmata dal responsabile della direzione «Servizio tecnico, organismi di controllo e garanzia» del Consiglio regionale del Lazio, e ha come oggetto il «Sostegno alle spese di sistemazione alloggiativa (altro neologismo burocratico, ndr) per cinque detenuti semiliberi, autorizzati d’urgenza a una licenza per l’adozione di misure volte a prevenire il contagio da Covid-19 in carcere».
La decisione è arrivata in seguito alle violente proteste dei detenuti nelle carceri italiane nel marzo scorso, compresi Rebibbia e Regina Coeli a Roma. L’11 marzo il Tribunale di Sorveglianza di Roma ha disposto una licenza di quindici giorni «per consentire ai detenuti semiliberi di non rientrare in carcere la sera ed evitare in tal modo rischi di contagio per gli altri detenuti all’interno dell’istituto penitenziario», e ne ha individuati cinque in condizioni economiche disagiate, cioè non idonee a «sostenere le spese per una sistemazione alloggiativa idonea». Per questo si è attivato il «Garante delle persone sottoposte a misure restrittive della libertà personale», figura istituita con una legge regionale, il quale ha ritenuto di dover sostenere le spese di pernottamento per cinque detenuti semiliberi per un periodo di 15 giorni, per un importo complessivo pari ad 2.625 euro, «al fine di evitare rischi di contagio da Coronavirus per le altre persone detenute presso la III Casa Circondariale Rebibbia». Il conto di 2.625 euro, pari a 35 euro al giorno per l’alloggio di ogni detenuto presso una struttura ricettiva a Roma, viene finanziato attraverso un fondo specifico presente presso Lazio Innova Spa, cioè una partecipata della Regione Lazio. Che ha fatto di più, ha predisposto uno stanziamento di 35mila euro per sostenere le spese di alloggio dei reclusi nei penitenziari del Lazio, quei soggetti ammissibili alla detenzione domiciliare, che però sono senza domicilio, né risorse per pagare un affitto. Uno «schiaffo» agli italiani per bene, una «resa dello Stato», ha protestato la Lega, mentre «medici e forze dell’ordine non hanno neppure camici e mascherine».
La Regione Lazio, presieduta dal segretario Pd Nicola Zingaretti (celebre il suo spritz al grido «niente panico, Milano non si ferma», prima di ammalarsi di Covid19), si è resa protagonista di altre polemiche durante la pandemia. Come il caso delle mascherine fantasma, pagate con un versamento di 11 milioni di euro come anticipo da parte della Regione Lazio, per la fornitura di 10 milioni di mascherine, ma poi mai consegnate dal fornitore incaricato con affidamento diretto dalla Regione, una ditta produttrice di lampadine e materiale elettrico all’ingrosso con sede a Roma e come socio al 49% un cittadino domiciliato nella città cinese di Ningbo. Sulla vicenda ha aperto un’indagine la Procura di Roma e anche la Corte dei conti del Lazio. La Regione è parte offesa, i cittadini rimasti senza mascherine ancora di più. Ma la Regione Lazio si è fatta turlupinare anche sull’acquisto fatto dal direttore generale dell’Ares 118 (l’azienda di soccorso ed emergenza), delle barelle di biocontenimento, risultate troppo lunghe per entrare nelle ambulanze. Senza contare poi la brutta figura rimediata da Albino Ruberti, capo di gabinetto del governatore Zingaretti, beccato e multato per una grigliata fuori casa nonostante i noti divieti.
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