Con la cura al plasma nessun paziente trattato è morto. Negli Usa la utilizzano, da noi la censurano
Dopo che i Nas hanno sequestrato i protocolli sulla cura al plasma all’ospedale Carlo Poma di Mantova l’opinione pubblica comincia a sentire puzza di bruciato. Chi ha paura della terapia col plasma iperimmune? Sicuramente non viene guardata con favore da chi intende investire nei farmaci e nei vaccini contro il coronavirus. Questo è evidente, ma è un po’ poco per gridare al complotto. Di sicuro in Italia di questa cura si parla più sui social che sui media mainstream. Complici Roberto Burioni e altri professori che l’hanno bollata come cura poco seria. Al contrario il virologo Giulio Tarro la ritiene efficace.
De Donno difende la cura al plasma
Giuseppe De Donno, primario presso il Reparto di Pneumologia dell’Ospedale Carlo Poma di Mantova, ospite del programma ‘L’imprenditore e gli altri’ su Radio Cusano Tv, replica ai detrattori. “Siamo riusciti a Mantova, insieme con Pavia, a realizzare questa sperimentazione che è molto seria anche se qualcuno ha voluto farla passare addirittura per una cosa ciarlatanesca. Non solo il professor Burioni, ma anche altri. Su di me in queste ore ne hanno dette di ogni. Lui si permette giustamente di andare a parlare in tv, noi ci permettiamo di lavorare 18 ore al giorno al fianco dei nostri pazienti”.
“Abbiamo trattato 80 pazienti tra Mantova e Pavia”
“Abbiamo cercato di trovare un’arma magica che ci permettesse di salvare più persone possibili. Non abbiamo mai detto di aver creato qualcosa di nuovo, abbiamo perfezionato un’idea che già esisteva – aggiunge De Donno – Il nostro protocollo è ambiziosissimo. Tra Mantova e Pavia abbiamo trattato quasi 80 pazienti col plasma. Di tutti questi pazienti, che avevano problemi respiratori gravi ma non gravissimi, nessuno è deceduto, la mortalità del nostro protocollo finora è zero”.
“Noi abbiamo arruolato volontariamente donatori di plasma – continua De Donno – i donatori devono avere delle caratteristiche fondamentali, devono essere donatori guariti da Coronavirus. La guarigione viene accertata con due tamponi sequenziali e la diagnosi deve essere stata fatta con un tampone positivo. Questi donatori guariti ci donano 600ml di sangue. Tratteniamo il liquido che ha come caratteristica fondamentale la concentrazione di anticorpi, tra cui quelli contro il Coronavirus”.
Una banca del plasma
Adesso, conclude De Donno, “ogni volta dobbiamo chiedere l’autorizzazione al Comitato etico e questo è un impedimento enorme perché ci fa perdere tempo prezioso per salvare le persone. Il plasma può essere congelato e durare fino a 6 mesi in stoccaggio, per questo a Mantova abbiamo creato una banca del plasma. Riusciamo anche ad aiutare altri ospedali che ci stanno chiedendo aiuto. Creando banche plasma in giro per l’Italia riusciremmo ad arginare un’eventuale seconda ondata”.
Salvini: negli Usa la seguono, da noi tutto tace
Matteo Salvini rilancia intanto sulla sua pagina Fb un’intervista al professor Santin dell’Università di Yale, dalla quale si evince che negli Usa stanno utilizzando su larga scala la plasmaterapia di Pavia e Mantova. La cura è stata seguita da 5mila pazienti Oltreoceano. “Il tutto – commenta Salvini – mentre in Italia è sotto silenzio…”. E se non è sotto silenzio è almeno sottovalutata, come si evince dalle parole di Giovanni Rezza, direttore del dipartimento di Infettivologia dell’Iss: “Non è semplicissimo – dice Rezza sulla cura al plasma- bisogna trovare i donatori che sono persone convalescenti che quindi hanno molti anticorpi. Aspettiamo i risultati della sperimentazione con molta speranza – continua – Difficilmente può essere praticato sul larghissima scala perché è un procedimento che prende tempo, potrebbe però dar vita a nuove forme di trattamento che possono essere applicate su più ampia scala come quelle degli anticorpi monoclonali che potrebbero essere sintetizzati e quindi prodotti più facilmente e dare anche meno effetti collaterali”.