“Bella Ciao obbligatoria nelle scuole e canto ufficiale dello Stato”. Le priorità dei deputati Pd
Roma, 1 mag – Che cosa è la crisi economica in confronto all’importanza di cantare Bella Ciao nelle scuole? Patatine. Milioni di italiani condannati alla povertà, comparti economici falciati, per non parlare della percentuale di attività destinate a non riaprire il 1° giugno. Tutto spazzato via dall’importanza vitale di istituzionalizzare l’inno «partigiano» e insegnarlo, per legge, dentro gli istituti scolastici – che per ora rimangono chiusi. Da inculcare bene nelle giovani e giovanissime menti, per avere un piccolo esercito di partigianini agli ordini del pensiero unico.
Lo pensa il deputato Pd Gian Mario Fragomeli, che ha presentato una proposta di legge per affermare il «valore istituzionale» della canzoncina e per affiancare la sua esecuzione a quella dell’Inno di Mameli durante la cerimonia per la festa della liberazione. Da qui la proposta di una legge affinché Bella Ciao venga riconosciuto «come canto ufficiale dello Stato Italiano, facente riferimento al Cerimoniale di Stato nell’ambito dei festeggiamenti per la Festa della Liberazione e che la sua esecuzione segua quella dell’inno nazionale in occasione delle cerimonie ufficiali per i festeggiamenti del 25 aprile».
Insomma, una sorta di – nemmeno poi tanto celata – equiparazione all’Inno. Non solo. I dem ovviamente non sono contenti se la loro opera di infiltrazione culturale non raggiunge ogni più minuto ganglio della società. Per cui la legge prevede anche, come detto, l’insegnamento nelle scuole di ogni ordine e grado. «Non meno importante, infine, la legge dispone anche che in tutte le scuole, all’insegnamento dei fatti legati al periodo storico della Seconda Guerra Mondiale, della Resistenza e della lotta partigiana, venga affiancato anche lo studio della canzone Bella Ciao», ha spiegato il deputato. E certo: oltre alla canzone dei partigiani, ai pargoli andrà anche spiegato come si sono svolti i fatti. Magari proprio per bocca di quegli stessi negazionisti delle Foibe che l’Anpi sguinzaglia ogni anno intorno al 10 di febbraio. Per Fragomeli, insomma, Bella Ciao non è un canto divisivo che ricorda una guerra fratricida: tutte le forze politiche democratiche, infatti «possono ugualmente riconoscersi negli ideali universali cui si ispira la canzone», dalla lotta patriottica «contro ogni forma di prevaricazione» al diritto di cittadinanza e di civile convivenza «all’insegna della tolleranza e dell’uguaglianza fra i popoli». Levategli il vino, come si dice in questi casi.
Cristina Gauri