L’Oms fa marcia indietro: ora il modello vincente è la Svezia del “no al lockdown”
Roma, 30 apr – L’Oms lascia ancora una volta a bocca aperta la comunità internazionale contraddicendosi per l’ennesima volta sul modello «vincente» da adottare per fare fronte alla pandemia. Dopo la sponda data al «metodo cinese» e alla sua sua «fortissima sorveglianza proattiva», l’Organizzazione mondiale della sanità inverte la marcia e tesse le lodi della «chiusura soft» portata avanti dalla Svezia. «La gente pensa che la Svezia non abbia fatto nulla, non potrebbe essere più falso», ha dichiarato il capo del Programma di emergenze sanitarie, Mike Ryan. «La Svezia ha messo in atto misure di salute pubblica molto forti. Quello che hanno fatto di diverso è che si sono basati su un rapporto di fiducia con la cittadinanza».
Modello Svezia
Secondo Ryan gli svedesi avrebbero bruciato le tappe, bypassando la fase chiusura totale e arrivando direttamente alla fase di convivenza con il virus, la fase 2 in cui tutto il mondo si sta apprestando ad entrare. «Se dobbiamo arrivare a un nuovo modello di vita di ritorno alla società senza nuovi lockdown, penso che la Svezia possa essere un esempio da seguire». Insomma, in Svezia «stanno capendo come convivere con il virus in tempo reale, il loro modello è una strategia forte di controllo e una forte fiducia e collaborazione da parte della comunità. Vedremo se sarà un modello di pieno successo o meno». La Svezia – che ieri ha annunciato di aver raggiunto i 20mila casi di Covid 19 – ha adottato «una forte strategia di sanità pubblica, puntando sulle misure di igiene, di distanziamento, proteggendo le persone nelle residenze assistenziali». Lo snodo cruciale «è stato il rapporto con la popolazione, che ha avuto una forte volontà di aderire al distanziamento fisico e di auto-regolarsi. In più, il sistema sanitario è sempre rimasto al giusto livello di capacità di risposta all’emergenza», ha aggiunto Ryan.
Uno strano dietrofront
Che strano cambio di rotta. Nel rapporto stilato al termine di una missione in Cina avvenuta tra il 10 e il 24 febbraio scorsi, l’Oms aveva spiegato che la misura più efficace era stata «una fortissima sorveglianza proattiva» volta a identificare eventuali casi sospetti: tamponi a tappeto, isolamenti e imposizione della quarantena anche ai contatti dei contagiati. Uno dei suoi direttori esecutivi, il canadese Bruce Aylward, aveva esplicitamente elogiato le misure cinesi, consigliando gli altri Paesi di seguire l’esempio dai «metodi vecchio stampo» del regime.
L’Oms risponde a Trump
Durante la riunione il direttore generale, Tedros Adhanom Ghebreyesus, non ha poi perso l’occasione per rivolgersi ancora una volta a Donald Trump. «A partire da domani, saranno tre mesi da quando ho dichiarato un’emergenza sanitaria pubblica di interesse internazionale per lo scoppio del nuovo coronavirus», rispondendo così alle critiche del tycoon che sostiene che l’organizzazione «abbia fallito nell’ottenere tempestive informazioni sulla pandemia», accusandola di aver insabbiato l’emergenza con la collusione della Cina.
Proprio per questo motivo Trump aveva bloccato i fondi all’Oms, di cui gli Usa erano il primo contributore con l’ingente somma di 400-500 milioni l’anno (circa un decimo del bilancio). «Fin dall’inizio dell’emergenza coronavirus – ha dichiarato Ghebreyesus – l’Oms ha risposto in modo rapido e deciso. Ha suonato l’allarme forte e spesso, spiegando cosa fare per limitare la diffusione dei contagi, con l’impegno a mantenere affidabilità e trasparenza. E ha dato sostegno ai Paesi, facendo la propria parte per distribuire dispostivi di sicurezza e per sostenere gli studi su possibili vaccini».
Una cosa è certa: il radicale cambio di rotta dell’Oms nell’arco di nemmeno tre mesi, passato dalle lodi al modello totalitario cinese a quelle rivolte alle diametralmente opposte misure svedesi, dimostra che gli Stati, agendo in ordine sparso, hanno ritenuto caotiche, confusionarie e contraddittorie le direttive dell’Organizzazione stesso, come è dimostrato dall’evidenza dei fatti. Cioè ognuno ha fatto quello che riteneva giusto, navigando a vista.
Cristina Gauri