“Il Comitato scientifico ha sbagliato i calcoli sui 151mila in intensiva”. Lo studio che sbugiarda il governo
Roma, 29 apr – Il documento del Comitato tecnico scientifico nel quale si ipotizzava il terribile scenario di 151mila pazienti in terapia intensiva nel caso di una riapertura totale – e che, di fatto, ha frenato l’avvio della fase due – conterrebbe un errore di calcolo che ne inficerebbe l’attendibilità.
Le ipotesi considerate dagli esperti nello studio si baserebbero infatti su cifre riferite a una popolazione di 250 milioni di abitanti e non di 60, quale è, invece, il numero dei cittadini italiani. L’errore è stato scoperto dalla holding Carisma presieduta da Giovanni Cagnoli, che ha rivelato come, su 45 dei 46 possibili scenari presi in considerazione dal Comitato tecnico, le proiezioni del numero di posti occupati in terapia intensiva risultavano inferiori rispetto alla capacità nazionale (9mila posti). Un risultato ben lontano dagli spaventosi 151mila ventilati dallo studio.
L’errore riguarda il calcolo statistico-matematico. Nel documento viene impostato un tasso di letalità dei contagi (Ifr) pari allo 0,657%, arrivando poi a quantificare, per ogni fascia d’età, la probabilità di finire in terapia intensiva. Prendiamo ad esempio il caso della Lombardia: considerando il numero di decessi ufficiali (8.311) al momento del picco dei ricoverati in terapia intensiva, cioè il 3 aprile, e applicando la percentuale media di letalità, si arriva a 1.385.000 contagiati. Dal momento che i casi di terapia intensiva in Lombardia al momento del picco erano 1.381, si deduce quindi che l’incidenza tra casi di terapia intensiva e numero di infetti è all’incirca dello 0,1%. Il grafico del documento del Comitato tecnico scientifico che sarebbe alla base di tutto il ragionamento contro la riapertura dopo il lockdown «presuppone quindi un’incidenza per fascia di età che, anche se stimata a zero fino a 60 anni, arriverebbe a circa 0,3% mediamente oltre i 60 anni di età», si legge nella nota di Carisma.
Ma allora perché nel grafico in questione «tale incidenza oscilla tra 1% e 6% (mediamente 3,5%) con un errore di almeno 10 volte»? Anche con l’ipotesi che «il fabbisogno di letti di terapia intensiva in Lombardia sia stato 2.000 e non 1.381 l’errore resta superiore a 6 volte. Analizzando la situazione del Veneto, dove non c’è stata scarsità di letti di terapia intensiva, l’errore resta di 6 volte».
Ed è proprio basandosi su tali indici che il calcolo porta allo scenario di 151.231 casi di terapia intensiva all’8 giugno e a più di 440mila casi totali cumulati al 31 dicembre. Ma questi numeri si traducono in «150 milioni di cittadini (151k/0,1%) con età superiore a 20 anni – perché come noto sotto tale età l’incidenza della terapia intensiva è trascurabile» con una stima della popolazione italiana di 200 milioni di persone. «Vorremmo conoscere i 200 milioni di connazionali a noi ignoti», conclude Carisma. Conclusione: «Anche accettando quelli che appaiono errori di calcolo – scrivono – notiamo che il modello in 45 dei 46 scenari esaminati conclude che le previsioni di picco della terapia intensiva sono significativamente inferiori alla capacità nazionale (circa 9.000 posti)». Il rallentamento tanto raccomandato dal governo, quindi, si basa su calcoli completamente falsati.
Cristina Gauri