Coronavirus, Gallera e Salvini contro Di Maio: “Sapeva dell’emergenza in Italia e regalava materiale sanitario alla Cina”
Il ministero della Salute insiste con i misteri. Il cosiddetto “piano segreto” del governo per affrontare la pandemia continua a rimanere sotto chiave. Per chi non avesse seguito le puntate precedenti, parliamo del rapporto sui potenziali effetti del Covid-19 arrivato a fine gennaio sulla scrivania del ministro della Salute Roberto Speranza ed elaborato dall’ Istituto Superiore di Sanità e l’ Inmi Spallanzani. Parliamo di un periodo in cui il presidente del Consiglio ci diceva che l’ Italia era «prontissima» per affrontare qualsiasi tipo di allerta medica e buona parte dei nostri scienziati definivano il Coronavirus una malattia poco più fastidiosa di una comune influenza. Già allora, però, qualche specialista aveva opportunamente avvisato Palazzo Chigi dei veri rischi. La squadra di Giuseppe Conte non aveva affato preso la questione sottogamba, ma invece di diffondere la notizia aveva preferito secretare tutto per evitare di scatenare il panico tra gli italiani, tralasciando anche di presentare il documento al Copasir. Una scelta molto discutibile, come incomprensibile pare quella di non divulgare ora le carte.
Un’ altra stranezza riguarda poi Luigi Di Maio: «Il 15 febbraio il ministero degli esteri ha spedito tonnellate di mascherine e altro materiale in Cina e noi il 22 ci siamo trovati senza protezioni», ha detto ieri mattina Giulio Gallera, «spero nessuno fosse consapevole del rischio, altrimenti sarebbe ancora più grave». Anche Matteo Salvini questo punto pretende spiegazioni. «È chiaro che, finita l’ emergenza sanitaria, dovranno emergere le responsabilità», ha detto ieri il leader leghista, «si legge sui giornali, in queste ore, di un piano segreto di emergenza, che sarebbe stato studiato dal ministero della Salute ma tenuto nei cassetti per non preoccupare la gente: se così fosse sarebbe di una gravità incredibile».
SOTTO IL TAPPETO
Insomma, invece di prepararsi al peggio il nostro esecutivo ha aspettato con calma zen di essere travolto dalla valanga, peraltro senza dar la possibilità alle amministrazioni locali di adottare misure che avrebbero potuto anche mitigare l’ effetto di una epidemia. Polvere sotto il tappeto, senza neanche dar la possibilità a Comuni e Regioni di prendere precauzioni, sia per quanto riguarda l’ acquisto di materiale utile in caso di emergenza che con altre contromisure. Tante città e tante zone del Paese, per esempio, si sono salvate dall’ epidemia interrompendo tempestivamente i collegamenti. Ma c’ è anche altro. «Di questo piano» ha detto il governatore veneto Luca Zaia, «non sapevo nulla, e sono rimasto decisamente sorpreso. È fondamentale che il ministro della sanità chiarisca e se è vero che avevano previsto uno scenario così grave da non far divulgare, era giusto che i governatori ne fossero informati: avremmo potuto prendere provvedimenti d’ emergenza, come la confisca di strutture da utilizzare per la sanità d’ emergenza».
REAZIONI
Lo studio, come rivelato a inizio settimana dal Corriere, era stato realizzato per preparare il sistema sanitario nazionale all’ impatto con la febbre cinese, «identificando una serie di eventuali azioni da attivare in relazione allo sviluppo degli scenari epidemici, al fine di contenerne gli effetti». In 55 pagine, tecnici hanno ipotizzato contromisure e elaborato proiezioni. In uno scenario preso in considerazione – il peggiore – se il nostro Paese non avesse scelto di fermare i motori dell’ economia, isolare le zone rosse e chiudere in casa le persone i morti sarebbero stati 800.000, ha detto al Corriere il direttore generale della Programmazione sanitaria, Andrea Urbani, difendendo la struttura dall’ accusa di aver perso tempo nella gestione dell’ emergenza. E se il piano non è mai stato reso noto è «perché si è deciso di non gettare nel panico la popolazione».
Come emerso ieri, ora i ministri Pisano e Speranza dovranno rendere conto delle loro scelte di fronte al Copasir. In particolare, dovranno spiegare perché questa commissione non è stata informata. «Da quel che sappiamo», ha detto il vice presidente del Copasir, Adolfo Urso, intervistato da Affari Italiani, «potremmo desumere che avrebbe dovuto saperlo proprio il Copasir che agisce in nome e su delega del Parlamento proprio a tutela della sicurezza nazionale con il vincolo della segretezza. Sulla sua applicazione è facile desumere, ma questa è una mia personale considerazione, come malgrado il “piano segreto” il governo abbia agito in modo contraddittorio e confuso, almeno nella decisiva fase iniziale».