Giovanni Tria, l’aumento dell’Iva può far saltare il governo: verso la crisi?

Cornuti e mazziati. Finirà che aumenterà l’Iva e salterà la Flat tax, o si farà solo un po’. Con il suo procedere chieto, il ministro dell’Economia Giovanni Tria sta lasciando passare ogni giorno di più l’idea che l’aumento dell’imposta sul valore aggiunto sia improrogabile. Gli organismi internazionali, dal Fondo Monetario all’Ocse, da sempre nelle loro raccomandazioni chiedono all’Italia il passaggio dalla tassazione diretta – l’Irpef che colpisce i lavoratori – a quella indiretta – l’Iva che colpisce i consumi, chi può spendere di più, quindi i ricchi -. Da buon teorico, il ministro Tria, così come il suo predecessore Padoan, ha sempre condiviso questa impostazione, e via via che prende confidenza con il proprio ruolo e i propri poteri, sta anche trovando il modo di farla assimilare al suo governo.

Ci auguriamo che Matteo Salvini si opponga con tutte le sue forze al progetto perché il rischio è che, per salvaguardare i conti pubblici – 12,5 miliardi da trovare per il 2019 con l’imposta sul valore aggiunto che sale al 24,2% dal 22% e all’11,5% dal 10% -, l’aumento dell’Iva entri in vigore da subito mentre l’introduzione della Flat tax diventi graduale. Il che significa fare poco o niente il primo anno e ancora meno in quelli successivi, con l’aggravante che, a quel punto le risorse mancheranno comunque, ma avremo anche sparato tutte le nostre cartucce. A quel punto, qualsiasi cosa succeda ancora in Italia, aumenti dello spread, emergenze finanziarie o crisi bancarie, l’unica soluzione possibile sarà quella di mettere le mani nelle tasche dei contribuenti, senza escludere finanche il ricorso alla patrimoniale. Se la contropartita alla Flata tax è l’aumento dell’Iva, Salvini dica di no a ogni proposta del ministro Tria, a costo di far cadere il governo, come ha lasciato intendere il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, da sempre considerato il più saggio di tutti, Giancarlo Giorgetti, sentenzianodo che «o si fa la Flat tax, o si va a casa».

Le coperture per fare il taglio delle tasse senza pesare sui conti pubblici ci sono: il taglio delle deduzioni e detrazioni, tante e inutili, attualmente in vigore, la Lega le conosce bene perché erano nel programma elettorale comune del centrodestra. E sono comunque rintracciabili nella proposta di legge sulla Flat tax depositata da Forza Italia in Parlamento. Cedere alle minacce dei mercati o dello spread in questo momento in cui il governo si trova a dover dimostrare cosa è davvero in grado di fare, significa mollare la presa su quelle misure che imprenditori, commercianti, professionisti e tutta la parte produttiva del Paese si aspettano ora più che mai, anche per compensare i disastri del decreto dignità voluto dal super ministro dello Sviluppo Economico e del Lavoro, Luigi Di Maio. Dunque, bene il vertice di venerdì scorso con il premier Giuseppe Conte per fare un primo punto sulla politica economica del governo, da tradurre in fatti nella legge di bilancio a ottobre, più che sufficiente a calmare i mercati soprattutto ad agosto quando gli scambi sono pochi e un minimo movimento può generare grandi perdite. Ma ciò non toglie che a settembre, alla ripresa, sarà necessario rivedere tutto e fare concretamente qualcosa. Lì si vedrà se la Lega e Salvini fanno davvero sul serio. Altrimenti, Silvio Berlusconi potrà sempre rinfacciare loro di aver tradito il mandato degli elettori.

 

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