Le “ragazze di Salò”, nell’aprile del ’44 nacque il Servizio ausiliario femminile: il ricordo
Riceviamo e volentieri pubblichiamo un ricordo delle Ausiliarie della Rsi di Luciana Pennesi. Il Saf fu istituoto il 18 aprile del 1944 con decreto ministeriale
Il Servizio Ausiliario Femminile S.A.F. è la formazione militare che in proporzione agli altri martiri ha pagato il più alto contributo di sangue. Esso nacque da uno slancio generoso e ideale, contro il “tradimento” Badogliano dell’8 Settembre 1943 per la difesa dell’onore d’Italia. A Milano, piazza S. Sepolcro, circa seicento giovani donne si radunarono spontaneamente, chiedendo di essere arruolate. Situazioni analoghe si verificarono in altre città, nelle quali si costituirono spontaneamente gruppi femminili presso i comandi militari. Così si andò concretizzando l’idea di arruolamento femminile nell’Esercito repubblicano.
Si organizzarono corsi di addestramento nelle caserme. Anche la Decima M.A.S. inquadrò le proprie volontarie nel servizio ausiliario; con corsi organizzati dalla comandante Fede Arnaud Pocek. Venne istituito il Servizio Ausiliario Femminile della R.S.I. Piera Gatteschi, con il grado di Generale, era a capo del S.A.F. (unico esempio in Europa). Con l’ausilio di Cesarina Panchieri con il grado di Colonnello.
Assassinate dai partigiani
Il Servizio Ausiliario Femminile vantava una salda organizzazione e una severa disciplina. Il regolamento del S.A.F. era austero e rigoroso: “gonne sotto il ginocchio, vietato il fumo e i cosmetici, proibito uscire a passeggio con i soldati”. Ciò affinchè l’aspetto dell’Ausiliaria fosse dignitoso e serio. Con il passare dei mesi si iniziarono a contare le perdite: furono molte le Ausiliarie assassinate dai Partigiani, mitragliate sui camion e sui treni
La furia contro le Ausiliarie a guerra finita
La guerra terminò, ma l’odio partigiano si accanì particolarmente e con ferocia disumana contro le Ausiliarie, in quanto donne, per di più fasciste. Furono stuprate, rasate, fatte sfilare per le strade a volte addirittura nude (tra il ludibrio della feccia urlante) e poi brutalmente uccise.
Malgrado la depressione per l’orrore di quei giorni, la vita delle nostre Ausiliarie continuava a svolgersi in modo uniforme e ordinato: zaino in spalla, a sera si ritrovavano dopo un duro lavoro. Stanche, spezzate, con le mani rovinate e i piedi sanguinanti negli scarponi, gli occhi febbricitanti. Ma intenzionate a resistere ad ogni costo.
Sempre col sorriso sulle labbra
Furono decimate, falcidiate, eppure continuarono a prodigarsi tra i feriti, col sorriso sulle labbra e la disperazione nel cuore. Le Ausiliarie non usavano solo il fucile, ma erano sorelle e madri per i giovani commilitoni; rammendavano le loro divise perchè fossero sempre in ordine, cantavano quando urlava la mitraglia, medicavano e curavano i feriti, recitavano l’Ave Maria per addolcire la fine dei moribondi.
Ausiliarie e donne fasciste massacrate
Ad Albenga, vicino Padova, un Reggimento si trovò al cospetto di un reparto corazzato alleato. Tutto era finito, ogni speranza era spenta, allora fecero quadrato per l’ultima volta al grido di “DECIMA” e poi cantarono a squarciagola l’Inno di Roma.Entrarono a Padova con l’onore delle armi.
Invece a Torino le Ausiliarie, convinte che avrebbero avuto un trattamento da soldato e che sarebbero state quindi avviate in un campo di concentramento, vennero massacrate in massa (erano settecento) e il loro sangue arrossò le acque del Po. Furono circa ottomila le Ausiliarie e le Donne Fasciste massacrate.
Le donne dei partigiani invece, non furono mai aggregate militarmente, si chiamavano “staffette”. E se sicuramente alcune di esse avranno servito con fede, altre, le più, si accodarono ai loro uomini nelle raccapriccianti scene di stupro e di tortura: scevre ormai da ogni sentimento di pietà cristiana e solidarietà femminile: come si evince da una intervista di Ulderico Munzi, che riferisce avvenimenti e scene inenarrabili.
Le partigiane non costituirono mai reparti autonomi comandati da donne. Tanto è vero che a guerra finita non furono fatte sfilare; e di ciò si lamentò Miriam Mafai (gappista a Torino) nel suo libro “Pane nero. Donne e vita quotidiana nella seconda guerra mondiale”.
Di tante storie che sono venute alla luce a distanza di anni, resta senza risposta la domanda di un’Ausiliaria torturata: “Ma queste donne amavano la Patria ? Desideravano avere un marito col quale avere dei figli, una famiglia ? ”.
Nelle fila del Msi
Tantissime di loro si ritrovarono nelle fila del M.S.I. -Movimento Sociale Italiano- costituendone il settore femminile senza armi, continuando a svolgere il loro lavoro con uguale fede, sempre in prima fila, all’interno del Partito. A questo riguardo ho letto la commovente intervista concessa da Annalisa Terranova, nel suo libro “Camicette nere: donne di lotta e di governo da Salò ad Alleanza nazionale”.
Donne da non dimenticare: Mina Magrifanti, Rachele Ferrari Del Latte.Ida De Vecchi, Fedora Barbieri, Carla De Paoli. La segretaria Federale femminile “Anna Ghezzi Frezzotti”, e l’ultima per tempi, ma non per valore, la segretaria Nazionale Femminile “Amalia Baccelli”. Del suo coraggioso e generoso gruppo ne ho fatto parte e potrei scrivere un libro sulla quantità di attività che si svolgevano al suo interno.
Un plauso infine a Raffaella Duelli ed al suo consorte, che come molti sappiamo, hanno dedicato la vita alla ricerca dei Camerati del “Barbarigo” e all’edificazione del Campo della Memoria a Nettuno.
(Molte notizie le ho attinte da “Donne d’Italia.Le Ausiliare nella R.S.I.” di Fulvia Giuliani, dal libro di Ulderico Munzi “Donne di Salò”, e da tanti altri scritti e documenti gelosamente custoditi da Maresa Gentili della stamperia “Wage”, gentilmente concessi dal figlio Marco).