Ecco chi sono i boss della mafia che tornano a casa per decreto
In piena emergenza sanitaria arriva una notizia che sconquassa la routine fatta di bollettini e curva dei contagi da coronavirus. Un articolo pubblicato dall’Espresso rivela che i boss mafiosi detenuti al 41 bis, se anziani e affetti da patologie, possono tornare in libertà. Pronta anche una lunga lista di altri eccellenti boss di Cosa nostra, della Camorra e della n’drangheta pronti a lasciare le carceri italiane.
I boss
È successo al capomafia palermitano Francesco Bonura, tra i padrini più influenti di Cosa nostra, a cui il giudice di sorveglianza del tribunale di Milano ha permesso di lasciare il carcere di Opera per scontare la sua pena ai domiciliari. Bonura, condannato in via definitiva per associazione mafiosa, ha 78 anni e un cancro al colon. Sta scontando 18 anni e 8 mesi: gli ultimi 9 mesi li passerà a casa. Secondo i suoi avvocati Giovanni di Benedetto e Flavio Sinatra, è “del tutto errato” parlare di scarcerazione “in riferimento al recente decreto Cura Italia”. Nelle motivazioni del tribunale di Sorveglianza di Milano, competente per la posizione di Bonura in quanto detenuto proprio all’Opera di Milano, c’è scritto il motivo della scarcerazione che fino ad oggi gli era stata sempre negata: “I marcatori tumorali sono aumentati del suo male al colon”. Una condizione che secondo il magistrato fa ragionevolmente escludere che possa fuggire, o ancora peggio, reiterare il reato. “In considerazione dell’età avanzata del soggetto e della presenza di importanti problematiche di salute, con particolare riguardo alle patologie di natura oncologica e cardiaca, vi siano nell’attualità i presupposti per il differimento facoltativo dell’esecuzione della pena”, tradotto significa che Bonura può tornare nella sua casa di Palermo. Non solo il boss Bonura ma anche Giuseppe Sansone, arrestato nel blitz del 2018 potrà beneficiare della scarcerazione. Sansone non è al 41 bis e la motivazione della sua scarcerazione, decisa dal tribunale del Riesame, non è ancora nota. Lo precisano i suoi legali, Giovanni Rizzuti e Marco Giunta. “Il signor Sansone si trova in attesa di giudizio e, come tale, risulta assistito dalla presunzione di non colpevolezza e nei suoi confronti non è stata mai anche soltanto ipotizzata una partecipazione al sodalizio mafioso aggravata dal ruolo di capo o promotore – spiegano i legali -. Sansone, quasi settantenne ed affetto da patologie, in assenza, quindi, di esigenze cautelari di eccezionale rilevanza, avrebbe dovuto per legge essere ammesso agli arresti domiciliari, al pari di altri suoi coindagati in posizioni analoghe”.
Il Decreto Cura Italia
Ma cosa dice il decreto Cura Italia del 17 marzo 2020 in materia detentiva? Dispone il via libera alla detenzione domiciliare per chi ha meno di 18 mesi di pena da scontare. Sono esclusi dal provvedimento alcune categorie di soggetti condannati per i delitti indicati dall’art. 4-bis dell’ordinamento penitenziario, tra cui ci sono i detenuti sottoposti a regime di sorveglianza particolare. Dopo le feroci critiche bipartisan il tribunale di Sorveglianza di Milano ha voluto precisare in una nota che i domiciliari sono stati concessi con: “la normativa ordinaria applicabile a tutti i detenuti, anche condannati per i reati gravissimi, a tutela dei diritti costituzionali alla salute a all’umanità della pena”.
La circolare Dap
Il 20 e il 21 marzo del 2020 il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria invia due circolari di 6 pagine ciascuno per regolamentare la vita carceria al tempo del coronavirus e per chiedere agli istituti penitenziari un monitoraggio continuo e affidabile con informazioni utili per i magistrati sul numero di detenuti in determinate condizioni di salute e di età. Un modo anche per limitare il contagio a causa del sovraffollamento delle carceri. Ed è qui che nasce l’inghippo tanto che ieri il Dap ha dovuto diramare una nota ufficiale spiegando che la circolare è stata una richiesta con la quale, vista l’emergenza sanitaria in corso, si invitava a fornire all’autorità giudiziaria i nomi dei detenuti affetti da determinate patologie e con più di 70 anni di età. Un “semplice monitoraggio – spiega la nota – con informazioni per i magistrati sul numero di detenuti in determinate condizioni di salute e di età, comprensive delle eventuali relazioni inerenti la pericolosità dei soggetti, che non ha, né mai potrebbe avere, alcun automatismo in termini di scarcerazioni: le valutazioni della magistratura sullo stato di salute di quei detenuti e la loro compatibilità con la detenzione avviene ovviamente in totale autonomia e indipendenza rispetto al lavoro dell’amministrazione penitenziaria. Dal ministero – conclude la nota del Dap – comunque sono stati attivati gli uffici per fare le tutte le opportune verifiche e approfondimenti”.
Lo scontro politico
L’idea che alcuni boss potessero lasciare le carceri ha avuto l’effetto di creare un terremoto politico e ha provocato trasversalmente la disapprovazione bipartisan delle correnti. La Lega ha attaccato l’esecutivo. “Per rispetto dei magistrati e dei giornalisti caduti per mano mafiosa e dei cittadini, chiudete le porte del carcere per i mafiosi. Alcuni sono usciti per un circolare del ministero della Giustizia e ora c’è uno scaricabarile”, ha dichiarato Matteo Salvini. All’ex ministro dell’Interno gli fanno eco i due alfieri della Lega in Sicilia: il segretario regionale della Lega Stefano Candiani e Igor Gelarda, capogruppo al consiglio comunale di Palermo. “Una terra – sottolineano Candiani e Gelarda – che non solo ha pagato un altissimo tributo di sangue a causa della criminalità organizzata, in termini di vittime innocenti, ma ne ha anche subito una lesione di immagine incalcolabile. Una decisione che fa torto a quei milioni i siciliani che sono sempre state persone perbene e hanno contribuito, con il loro lavoro e con le loro intelligenze, a rendere grande questa Nazione”. Per l’associazione dei familiari delle vittime, la scarcerazione: “è un grave affronto ai familiari delle vittime e ai tantissimi servitori dello Stato fedeli alla carta Costituzionale. Insomma, una vergogna nazionale e una grave sconfitta dello Stato”. Dura anche la posizione dell’ex Procuratore aggiunto di Palermo Antonio Ingroia: “Non è assurdo scarcerare i più pericolosi che sono perciò al 41 bis mentre restano in carcere tanti in attesa di giudizio per reati assai meno gravi? – dice Ingroia – Che significa questa disparità di trattamento? Perché questo trattamento di favore ai capimafia?”. Il sindaco di Palermo Leoluca Orlando dà una lettura differente. “Il 41 bis è la migliore forma di tutela della salute – dice -, nel momento in cui da mesi si sostiene che l’isolamento e la quarantena sono le forme migliori di prevenzione. Esporre il boss ai rischi di contagio che derivano dal farlo andare in un ambiente non protetto credo sia un atto cui mi auguro che il Tribunale ponga immediatamente rimedio”. Per il Governatore Nello Musumeci: “La decisione di far lasciare il carcere a soggetti di primo piano nel panorama mafioso non può che indignare ogni persona perbene. Dalle istituzioni, qualunque sia la congiuntura, debbono arrivare segnali chiari e inequivocabili: la effettività della pena deve essere una certezza anche in omaggio a chi ha perso la vita nella trincea della lotta alla mafia”.
La replica del Ministero
Il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede ha parlato di “inaccettabile sciacallaggio”. Per poi rincarare la dose: “Sostenere che alcuni esponenti mafiosi sono stati scarcerati per il decreto legge Cura Italia – ha affermato il ministro della Giustizia – non solo è falso, è pericoloso e irresponsabile”. Si tratta piuttosto di “decisioni assunte dai giudici nella loro piena autonomia che in alcun modo possono essere attribuite all’esecutivo”, ha sottolineato. Tra le fila della maggioranza, il Movimento 5 Stelle ha chiesto l’intervento della Commissione antimafia e il Partito democratico ha sollevato la “giusta preoccupazione e amarezza, soprattutto tra i parenti delle vittime”. Si è mosso intanto il presidente dell’Antimafia siciliana, Claudio Fava, che non ha dubbi: “Se vogliono scarcerare qualcuno particolarmente anziano perché le patologie di cui soffre non sono compatibili con lo stato di carcerazione, non mi oppongo, ma serve una motivazione che non sia ipocrita. Non tirino fuori la pandemia per uscire dal carcere. “Se volete scarcerare Bagarella e Santapaola – prosegue Fava – fatelo assumendovi la responsabilità di trovare una valida e legittima giustificazione. Che non può essere, a quattro mesi dall’inizio della pandemia, il rischio del contagio, mentre migliaia di detenuti in attesa di giudizio o con pene lievi restano esposti, loro si, al rischio contagio nelle fatiscenti carceri italiane”. Il Covid-19, ha avvertito il presidente Fava: “Non sia un pretesto. I boss detenuti al 41 bis vivono in una situazione di isolamento e sicurezza migliore di qualsiasi altro ottantenne in casa di riposo. Sarebbe una presa in giro nei confronti delle centinaia di morti nelle Rsa”.
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