Lo dice pure Fassina (Leu): “Se la Bce non agisce, pronti a dire no all’euro”
“Quest’anno vanno rinnovati più di 250 miliardi di titoli. Poi, con il Pil a meno 10% servono almeno 100 miliardi per mancate entrate dovute alla crisi. E altri 100 miliardi per sanità, ammortizzatori sociali, cancellazione di imposte e sostegno ai bilanci comunali.
Salvo imprevisti”. L’Italia è nei guai e Stefano Fassina, deputato di Liberi e Uguali, sta facendo campagna in Parlamento contro il Mes.
Per lui è una trappola ben congegnata. Lo spread sale. La pressione sul Belpaese è concentrica. La debolezza della finanza pubblica ci rende vulnerabili. Il debito esplode e poi sarà caccia grossa agli asset pubblici e alle imprese private più appetibili. L’obiettivo è riportarci allo scenario 2011 e spingerci a sottoscrivere un accordo per noi letale. Il fondo salva Stati proprio non gli piace, neppure quello senza condizionalità promesso da Bruxelles.
“Attenti”, spiega a La Verità. “È senza condizionalità in entrata. Poi, quando il livello del nostro debito sarà evidente, ci diranno: il tuo debito non è sostenibile. Ora devi ubbidire alla Troika e ristrutturarlo”. Dietro le belle parole delle autorità europee potrebbe nascondersi una trappola. “Riconosco i processi perché ho già vissuto un passaggio identico. È l’incubo del governo Monti, come un film che viene riproiettato, il copione è identico. Dobbiamo vagliare le alternative”. Fassina è un economista e non si offende se gli dai del sovranista di sinistra. Non ha dubbi.
Dietro il pacchetto dell’Eurogruppo si nasconde un’insidia: c’è una linea che punta a far perdere ulteriore sovranità a tutti i Paesi indebitati. E tra questi ci siamo noi. C’è l’Italia. “Siamo un competitor economico e abbiamo risorse industriali e di risparmio privato importanti. Invece di riconoscere che il coronavirus è un evento esterno e simmetrico, che sta colpendo tutto il mondo, e far intervenire la Banca centrale europea, come accade in tutto il mondo, l’Eurogruppo usa questa emergenza per mettere sotto controllo i Paesi del Sud Europa”.
Fa l’esempio della Gran Bretagna. Lì il ministero dell’Economia non emette titoli: finanzia tutto direttamente la Banca d’Inghilterra che trasferisce valuta direttamente sul conto corrente del ministero del Tesoro. Anche nella liberale Inghilterra del liberista Boris Johnson è la cosa più logica. Poi passa in rassegna gli Stati Uniti. La Federal Reserve stanzia quattro trilioni di dollari che, in parte, presta direttamente alle imprese. Da noi la Bce, semplicemente, non lo fa. “Non lo fa per l’impianto ordoliberista dei trattati e per arrivare a interventi maggiori solo dopo averci sottratto ulteriore autonomia politica”.
Il perché è presto detto. “In primo luogo per un elemento costitutivo. I trattati europei sono basati sul principio della concorrenza e non della solidarietà fiscale. La solidarietà fiscale è esclusa, non è egoismo olandese o tedesco. La Germania spende cinque punti di Pil. Noi poco più dell’1%, i 20 miliardi del Cura Italia”. Ci sarebbero i famosi 400 miliardi a leva dell’ultimo decreto. Ma Fassina è chiaro: “Dove sono?”.
E la Bce dov’è? “Se lo spread sale così è anche perché la tempistica degli acquisti della Bce è inadeguata. In Europa è tutto sospeso in attesa del Consiglio europeo di dopodomani. Ma la Germania può permettersi di aspettare, noi no. Servono risorse, ma il Tesoro non fa le emissioni necessarie finché l’Europa non decide”. E tutto passa per il Mes… “È semplice. Non c’è condizionalità di accesso al fondo salva Stati, è vero. Ma nel testo del documento dell’Eurogruppo, finita l’emergenza sanitaria, resta in vigore tutta la normativa del Mes e del Patto di stabilità. I trattati non vengono riscritti. Nel comunicato c’è scritto che si avvia il percorso di stabilizzazione sotto la “sorveglianza” delle strutture di controllo europee. Il fondo salva Stati mantiene le valutazioni di sostenibilità del debito che portano un memorandum e un programma di rientro vigilato dalla Troika”.
Per Fassina esiste solo un’alternativa al disastro: sterilizzare il debito che sta già in pancia alle banche centrali europee. Si chiama perpetuity: il debito viene rinnovato perpetuamente, ma a tasso zero. Così si elimina un quarto del debito pubblico dal mercato attraverso operazioni indolori nel bilancio della Banca d’Italia e nessun effetto negativo sull’economia reale. Bisogna recuperare autonomia monetaria. Non è uno scenario indolore, ma è quel che Joseph Stiglitz definisce “Un divorzio amichevole”. “È una dolorosa alternativa: bisogna iniziare a prendere in considerazione il piano B, se non altro per recuperare forza negoziale”. Siamo sotto scacco.
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