Governo in ritardo di un mese dall’arrivo del coronavirus, un “buco” fatale: l’inchiesta del Corriere
Coronavirus: trentotto giorni persi. Un “buco” temporale” fatale: da quando è stata dichiarata l’emergenza sanitaria a quando l’Italia intera ha conosciuto il lockdown per la prima volta. Un’inchiesta del Corriere della Sera ha finalmente ripercorso la serie di errori compiuti dal governo Conte. Che sul Secolo avevamo rilevato. Risale infatti al 27 gennaio la circolare del ministero della Salute che prescriveva controlli su chi arriva da Wuhan o ha avuto contatti recenti con la Cina. Ma il decreto che cambia tutto arriva il 31 gennaio: dichiarazione dello stato d’emergenza e blocco dei voli con la Cina. “Mancano però le istruzioni per l’uso – scrive il Corriere– c’è uno stato d’emergenza, ma non un piano d’emergenza”.
Infatti il primo documento governativo che spiega agli italiani cosa fare è del primo marzo, un mese dopo. Un’enormità, l’epidemia è già scoppiata in tutta Italia: lo ha firmato il direttore generale della Salute, Andrea Urbani. Accoglie le richieste del comitato tecnico scientifico, secondo cui è necessario che nel minor tempo possibile sia attivato nelle strutture pubbliche e private un incremento delle disponibilità di posti letto in terapia intensiva e nei reparti di malattie infettive.
Coronavirus: trentotto giorni fatali per il disastro
Cosa sia successo in quel lasso di tempo è la domanda che ci sta assillando da settimane. Il Corsera nell’inchiesta addita tra le altre cose le “opinioni discordanti” all’interno del governo. Con il ministro Roberto Speranza sin dal principio per il “chiudere tutto”. E con Giuseppe Conte che ha scelto di chiudere il Paese un passo alla volta, decreto dopo decreto. Ha temporeggiato, il che ha determinato il devastante weekend del 7 e 8 marzo è stato devastante: a causa di quella famosa fuga di notizie sulla bozza del decreto. Poi la “pezza”: il lunedì 9 il premier ha poi annunciato la zona rossa in tutta Italia. Trentotto giorni dopo la vuota dichiarazione di stato d’emergenza.
Il Corriere della Sera prende le mosse da quando dal 7 gennaio a Cividate, 25 chilometri di distanza da Bergamo si sono presentati 5 pazienti con lo stesso problema. Febbre e una strana tosse. “Faticano a respirare. A ognuno prescrive una radiografia al torace e il responso è sempre lo stesso. Complicazione da polmonite, con marcati addensamenti interstiziali. Quel giorno, su cinquanta visite, dodici sono per gli stessi sintomi. Il giorno dopo, ancora. E poi ancora”.
Polmoniti sospette
Il dottor Poidomani chiama pertanto alcuni suoi colleghi dei paesi vicini. «Anche voi…». Anche loro. “A metà febbraio decidono di scrivere all’Azienda di tutela della salute della provincia di Bergamo. Non sarebbe il caso di dare un’occhiata a tutte le radiografie toraciche fatte dal 25 dicembre in poi? Non otterranno mai risposta”, leggiamo nell’inchiesta. «Già verificando i dati, avremmo potuto salvare qualche vita» racconta Poidomani, dell’Ospedale di Cividate.
Insomma, nonostante le polmoniti insolite, si è iniziato in ritardo. La prima convocazione della task force per il coronavirus creata al ministero della Salute risale al 22 gennaio 2020; quando viene promulgata una circolare che prescrive il tampone in caso di polmoniti insolite. «Senza tener conto del luogo di residenza o storia di viaggio, anche se è stata identificata un’altra eziologia che spiega pienamente la situazione clinica». Cinque giorni dopo, nuova circolare, dalla quale questa frase sparisce. Controlli solo su chi arriva da Wuhan o ha avuto contatti recenti con la Cina. Ma la sera del 30 gennaio i telegiornali aprono tutti con la stessa notizia.
Il 31 gennaio 2020 il governo delibera lo stato di emergenza da coronavirus . Ma nel documento non sono ancora presenti, nel concreto, le iniziative da mettere in atto, per contrastare questa emergenza. L’ordinanza del Ministero della Salute del giorno precedente aveva, però, deciso il blocco dei voli dalla Cina. Una soluzione che non si rivelerà del tutto efficace – rileva anche il Corriere – data la possibilità di aggirare il blocco passando per scali intermedi.
Coronavirus, le mascherine regalate alla Cina…
Nel frattempo, il 21 febbraio scorso, arriva la notizia del primo paziente positivo a Codogno. Si tratta di Mattia, il “paziente 1”, che ha contratto l’infezione pur senza mai essere stato in Cina. Il Corriere ricorda come meno di una settimana prima, il 15 febbraio, dalla base di pronto intervento Unhrd delle Nazioni Unite di Brindisi era decollato un volo per Pechino. A bordo c’erano 2 tonnellate di materiale sanitario, comprese le mascherine, regalato alla Cina. Una “capolavoro” di Di Maio. Poco tempo dopo la mancanza di questi dispositivi di protezione sarà fatale per medici e sanitari, caduti come mosche.