Paura per i contagi di ritorno: “Il coronavirus si riattiva nei guariti”
In Corea del Sud il coronavirus si è riattivato nei pazienti guariti. Lo ha rivelato uno studio che ha esaminato oltre 160 cittadini tornati positivi una seconda volta al Covid-19: molti di loro si erano offerti volontari a un riesame perché avevano avvertito diversi sintomi; altri, nonostante non mostrassero segnali evidenti, avevano deciso di sottoporsi a test aggiuntivi.
Tutti i pazienti tornati positivi erano risultati per due volte negativi ai tamponi e quindi dati per guariti. Ma il coronavirus, rimasto per un po’ di tempo inattivo, si è ben presto riattivato.
Come ricorda l’Agi, il Paese asiatico, sebbene sia stato tra quelli più colpiti, non ha limitato i movimenti dei suoi cittadini né chiuso le frontiere. Il modello sudcoreano si è basato su tamponi a tappeto e monitoraggio dei cittadini mediante app e siti appositi. Il Paese è così riuscito a contenere la diffusione del nuovo coronavirus evitando gli errori commessi durante l’epidemia di Mers nel 2015. Una volta appiattita la curva di nuovi casi, sta adesso allentando le misure di distanziamento sociale. Ma ora a preoccupare la autorità sono i contagi di ritorno.
I Centri di controllo e prevenzione delle malattie (Kcdc) sembrano individuare ogni giorno nuovi positivi già guariti. E anche Cina, Giappone e India hanno riportato diversi casi di persone guarite e poi tornate positive. L’Oms inoltre ha riconosciuto nei giorni scorsi che non tutti i pazienti guariti sembrano aver sviluppato gli anticorpi per evitare un secondo contagio. E questo fatto preoccupa molto.
I casi in Sud Corea si sono verificati in media 13 giorni e mezzo dopo la dimissione dei pazienti (un tempo breve che fa escludere la possibilità che essi abbiano avuto la sfortuna di incrociare la malattia per una seconda volta). Ora i ricercatori sono al lavoro per capire se davvero i pazienti si siano ammalati dello stesso virus e soprattutto se c’è la possibilità che abbiano contagiato altre persone. Il primo caso rilevato è stato quello di una donna di 73 anni dimessa il 22 febbraio: cinque giorni dopo ha chiamato i medici spiegando loro di non sentirsi bene. Risultata positiva, l’anziana è stata subito ricoverata di nuovo. Trattandosi di una persona d’età avanzata e con il sistema immunitario indebolito, i medici hanno pensato che il secondo risultato positivo fosse dovuto al fatto che non avesse sviluppato abbastanza anticorpi.
Così le autorità hanno cominciato a monitorare i pazienti dopo le dimissioni dell’ospedale. E a trovare nuovi positivi tra i guariti. “In base al nostro monitoraggio riteniamo molto probabile che una particella dormiente del virus si sia riattivata. È chiaro che non comprendiamo totalmente cosa significhi avere l’immunità contro questo virus”, ha ammesso Min Pok-Kee, medico che guida il team di esperti della città focolaio di Daegu. E così la battaglia contro il coronavirus sembra farsi ogni giorno più complessa.
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