Nicola Zingaretti, malati di coronavirus negli ospizi del Lazio. Scontro con Fontana, i documenti di Libero lo inchiodano
Anche Nicola Zingaretti, segretario Pd e governatore del Lazio, ha mandato degli anziani contagiati dal coronavirus negli ospizi, proprio come stabilito dalla Regione Lombardia. Eppure, a differenza di Attilio Fontana, lui non è sotto assedio. Fontana, dal canto suo, sottolinea che la delibera della sua giunta è identica a quella di Zingaretti, che a sua volta smentisce definendo “false” le accuse. Qui di seguito, l’articolo di Libero che ha sollevato il caso e soprattutto i documenti che confermano la nostra versione dei fatti.
Malati di coronavus inviati negli ospizi: LEGGI QUI i documenti della Regione Lazio
Cento morti da spiegare anche nel Lazio. Leggendo le delibere della giunta guidata da Nicola Zingaretti si scopre che il segretario Pd, esattamente come Attilio Fontana, ha ordinato di trasferire malati Covid nelle Rsa (ovvero, le case di riposo). Il tutto però è avvenuto nel completo disinteresse dei media, che sembrano colpiti solo dalle questioni che riguardano la Lombardia. Ora però una carta mette in imbarazzo il Partito Democratico, che dopo aver chiesto il commissariamento della giunta leghista si trova di fronte a un bivio: scusarsi o denunciare anche il proprio segretario.
Spieghiamo il caso. Tutte le accuse mosse alla giunta di Attilio Fontana sulla strage dei nonni verte essenzialmente su un documento: la delibera con la quale l’ otto marzo scorso l’ assessore al Welfare Giulio Gallera chiedeva alle residenze per anziani e non-autosufficienti la disponibilità a creare dei piccoli reparti – rigorosamente separati da quelli principali e con personale autonomo – per pazienti affetti dal Coronavirus non gravi, cioè che non necessitassero di ricovero ospedaliero. «Con questa mossa hanno acceso un cerino in un pagliaio, il contagio si è diffuso ovunque», hanno tuonato i sindacati autori delle varie denunce presentate, anche se in realtà solo in 15 cliniche su 705 hanno dato la loro disponibilità al progetto (145 pazienti in tutto). Sull’ onda delle campagne stampa, Fontana e assessori sono così finiti sotto la lente della Procura di Milano, che ha ordinato perquisizioni a tappeto e aperto un’ indagine con l’ infamante accusa di omicidio e epidemia colposa.
Il Partito Democratico (attraverso l’ eurodeputato Pierfrancesco Majorino e la deputata Lia Quartapelle) è arrivato a chiedere il commissariamento dell’ amministrazione di centrodestra. Per il Codacons i pm sarebbero stati fin troppo teneri, il reato da ipotizzare sarebbe «l’ omicidio volontario», perché «quello degli anziani è stato un eccidio voluto». Bene, oggi scopriamo che non solo Nicola Zingaretti, ha formulato alle Rsa una richiesta sostanzialmente identica a quella di Fontana, ma l’ ha fatto 20 giorni dopo, il 28 marzo, quando la situazione era molto più chiara e il rischio era diventato palese. E non è tutto: l’ ha deciso in un contesto di assoluta calma, di fronte a un numero di contagi che a Roma e province non ha certo mai raggiunto i livelli delle aree del Nord.
«A seguito delle numerose segnalazioni di focolai Covid-19 in case di riposo», leggiamo nel documento scaricabile anche sul sito della Regione Lazio, «si è manifestata l’ esigenza di ricollocare gli ospiti non autosufficienti, anche anziani, in strutture specifiche. La Regione invita i titolari di strutture residenziali per persone non autosufficienti, anche anziane, a manifestare la disponibilità ad accogliere pazienti Covid positivi che non necessitano di ricovero in ambiente ospedaliero». In pratica in questi nuovi nuclei ospedalieri bisognava trasportare gli infetti provenienti «dal proprio domicilio, da altre strutture sociosanitarie residenziali, da case di riposo per anziani ovvero dalle strutture di ricovero ospedaliero per acuti». Il tutto «come da indicazioni dell’ Iss del 25 marzo», ovvero del governo, con la solita precauzione: «Nel caso di strutture miste, ovvero con nuclei Covid dedicati e non-Covid, l’ accesso agli stessi e i relativi percorsi devono essere distinti e separati, anche per quanto attiene il personale, in modo da garantire il necessario isolamento».
Ora bisognerà capire quante delle 116 cliniche laziali abbiano aderito a questo programma e quali siano state le conseguenze. Settimana scorsa è stata comunicata l’ apertura di 9 “Rsa-Covid”, con 269 posti letto (più di quelli lombardi, quindi). Non è chiaro però quanti di questi siano stati utilizzati.
Anche i tempi ci sarebbe da discutere. Il 4 aprile scoppia il caso del Trivulzio, con i primi servizi pubblicati su Repubblica. Il 6 aprile compaiono i primi bollettini: almeno 100 morti negli ospizi laziali. Successivamente viene completata la ricognizione delle Rsa e iniziano i trasferimenti di pazienti per evitare “promiscuità”. Infermieri e medici denunciano questa scelta. Per la Cisl «queste strutture non sono adatte a ospitare persone positive al Coronavirus, si rischiano disastri sanitari». E il sindacato denuncia il tutto proprio a Repubblica, che però confina la denuncia nelle pagine di cronaca locale. Sempre sul quotidiano di Verdelli leggiamo pochi giorni dopo che «le persone anziane non sono cittadini di serie B, meritano ricoveri in terapia intensiva». Lo scandalo però scoppia solo in Lombardia. Per ora.