Roma, i centri sociali si sentono “padroni” e sbeffeggiano i divieti: disordini a Rebibbia
Continuano a sentirsi intoccabili, i militanti dei centri sociali. Sono convinti di poter permettersi tutto, anche di violare i divieti imposti dall’emergenza coronavirus. Hanno trovato l’ennesima occasione per andare in piazza. L’hanno fatto davanti al carcere di Rebibbia, insieme ad alcuni familiari dei detenuti. Niente permessi, niente distanze di sicurezza. Uno schiaffo a chi rispetta le regole e a chi circola con le autocertificazioni in tasca dando conto di ogni movimento.
La “Rete Evasioni” davanti al carcere di Rebibbia
La protesta è di «solidarietà», hanno detto gli antagonisti di “Rete Evasioni”. Anche se poi questa «solidarietà» si è trasformata in tensioni e violenze. Il gruppo – già protagonisti di altre manifestazioni davanti al carcere di Rebibbia – ha sfidato i divieti della questura, come riportato dal “Messaggero” per dar vita a un sit-in
Sette gli antagonisti “pizzicati” con i familiari dei detenuti
Multe a sette antagonisti (tra questi anche familiari di detenuti) e denunce per manifestazione non autorizzata. La protesta è stata replicata anche in altre città, come Bologna, Firenze, Napoli. «I giorni passano e il governo ha scelto di ignorare la salute delle persone in carcere», hanno scritto sui social nei giorni scorsi. «Il risultato è il dilagare del contagio e le morti che si sommano a quelle dei giorni di protesta più accesa e ai numerosi suicidi. Vogliamo portare a casa le persone detenute».
I disordini a Rebibbia, tra proteste e cori
Durante il raduno non autorizzato a Rebibbia, i manifestanti hanno scandito diversi slogan. All’arrivo degli agenti, gli antagonisti hanno dato il via ai disordini. Inizialmente hanno tentato di dialogare coi poliziotti, i quali hanno chiesto di allontanarsi dalla struttura. Alcuni, però, hanno opposto resistenza e sono stati portati via a forza. Al termine dell’intervento delle forze dell’ordine, le proteste e i cori sono proseguiti per un altro lasso di tempo.