Gli altri ripartono. A noi invece Conte ci fa la supercazzola delle librerie
Roma, 14 apr – La Confindustria tedesca (Vdma) e le tre principali associazioni dell’industria meccanica hanno scritto una lettera al presidente della Confindustria italiana, Vincenzo Boccia, e alla dg Marcella Panucci, nella quale richiedono che le aziende italiane possano riprendere le loro attività. Eccone un passaggio: “Le economie dei due Paesi principali realtà manifatturiere d’Europa, pur specializzate in fasi di produzione diverse, sono complementari nelle filiere internazionali. Proprio per questo, il mancato rapido riavvio del maggior numero di settori produttivi in entrambi i Paesi potrebbe generare danni economici incalcolabili a livello globale”. È tutto sin troppo chiaro: l’industria meccanica tedesca, soprattutto quella automobilistica, attinge dalla componentistica italiana, senza la quale il loro prodotto finito non verrà mai partorito.
Il resto d’Europa dice addio al lockdown. E noi?
Su Radio 1 è intervenuto giorni or sono il leader di Gruppo Feralpi, azienda siderurgica con sede a Lonato e con uno stabilimento anche in Germania. Per quest’ultimo, nessun blocco, nessun divieto: in Germania Feralpi ha potuto continuare a lavorare, ovviamente nel rispetto di protocolli di sicurezza particolari utili ad evitare la diffusione del Covid-19. In Spagna è terminato il lockdown totale. Dopo due settimane di chiusura forzata, ieri sono ripartite attività non essenziali come uffici, edilizia e industria. Rimarranno ancora chiuse le scuole, i cinema, i teatri, ristoranti e bar. Tutti luoghi dove vengono venduti beni finali o erogati servizi alla persona. Al contrario, alla prima parte della catena produttiva è garantita la ripartenza. In Austria, dopo un mese di lockdown deciso dal cancelliere Sebastian Kurz, possono riaprire i negozi e le aziende artigiane. La Danimarca si sta adoperando per far riprendere ai bambini la frequentazione di scuole e asili.
Figuriamoci se questo è un attacco di esterofilia. Soprattutto durante un periodo drammatico durante il quale la solidarietà europea non solo è stata negata, ma neanche si è mai palesata. Si tratta però di fatti inconfutabili che l’egregio prof. avv. Giuseppe Conte non potrà smentire durante una delle sue comparsate a reti unificate durante le quali si diverte a sbeffeggiare le parti non presenti. Ovunque, tranne che in Italia, è presente un piano industriale, che dalle nostre parti è stato chiamato “fase 2”, per dare la possibilità alle aziende di riprendere a respirare senza rimanere appese agli slogan di governi e burocrati. Ovunque ma non qui, perché solo noi abbiamo il privilegio di dover affrontare la più grande crisi dal dopoguerra ad oggi, con un governo improvvisato e nato per evitare di dare la parola agli elettori, dunque certamente non per gestire un cataclisma di questo genere.
Limitazione della libertà: l’unica risposta di Conte
Non a caso, gli unici provvedimenti concretamente messi in campo riguardano la limitazione a tempo indeterminato delle libertà degli italiani, il mero copia-incolla delle dichiarazioni dei soliti virologi che da Mamma Rai furoreggiano indisturbati. Il resto è non pervenuto. Si ha la sola granitica certezza che in Europa “stanno facendo e stanno discutendo”, con un perpetuo utilizzo del gerundio, e l’annuncio che per le spese sanitarie dirette e indirette è disponibile un Mes ammorbidito, nel senso che Commissione, Bce e Fmi promettono di utilizzare del lubrificante…E oggi riaprono le librerie, oltreché ad altre attività quali cartolibrerie e negozi di vestiti per bambini. È tipico della sinistra, ossia di chi ci governa: violentare con cadenza mensile la questione “cultura e lettura”, foderandoci gli occhi con questi astratti concetti che niente significano e di cui oggi dovrebbe scrivere solo Eugenio Scalfari su Repubblica.
Di un serio piano industriale neanche l’ombra
Invece accade che il piano industriale italiano parte dalla supercazzola dei libri che fungono da scudo contro il virus, proprio come disse il Renzi quando i terroristi islamici lasciavano sul selciato centinaia di europei: un euro in difesa e un euro in cultura. È la trappola per topi installata da chi non ha minimamente idea di come affrontare una questione cruciale, vitale, epica. Da chi, governando, non sa governare ossia condurre. Il senso del tempo è questo: le libertà non disponibili sono a disposizione di governi neomarxisti che si divertono a giocarci con senile disinvoltura, facendo decollare droni, istituendo commissioni di controllo del pensiero, riproducendo Le vite degli altri, instillando nella coscienza del cittadino medio il terrore della disobbedienza civile, del dissenso anticonformista.
Il senso del tempo è che gli eroi sono quelli che si piegano, non coloro che, tenacemente e con razionalità, tentano di rimanere eretti. Le libreria che apriranno, e che dovrebbero fornirci le “armi” per combattere il Covid-19, non potranno sostenere i costi della riapertura in un contesto di chiusura generalizzata, quindi alla fine non apriranno. E se questa guerra vogliono farcela combattere coi libri della Murgia, meglio sventolar bandiera bianca.
Lorenzo Zuppini