Dagli Usa dati drammatici: “Muoiono moltissimi under 50”
I dati che in queste ore stanno arrivando dagli Stati Uniti sono drammatici, infatti centinaia di americani sono morti a causa del coronavirus nonostante fossero giovani e in salute. Un medico del pronto soccorso del Wyckoff Heights Medical Center di Brooklyn ha dichiarato: “Essere giovani e in salute non rende invulnerabili dal virus.
Ci sono state centinaia di morti che hanno coinvolto persone al di sotto dei cinquanta anni negli Stati Uniti”. Il Washington Post riporta la storia di Conrad Buchanan, raccontata dalla moglie Nicole: “Mio marito non aveva il diabete. Non era neanche malato di asma e non aveva il colesterolo alto. Non aveva nulla. Non avrò mai una risposta alla sua morte”; Conrad Buchanan è una delle centinaia vittime giovani degli Stati Uniti, morto all’età di 39 anni senza alcuna patologia particolare che lo rendesse “più sensibile” al Covid-19.
“Aveva uno spiccato senso dello humor, un grosso sorriso che spesso era magnetico ed attraeva tutte le persone che gli erano intorno. Era il nostro universo”, continua la moglie Nicole confinata in quarantena insieme a sua figlia di 12 anni che sono costrette a combattere non soltanto con la tragicità della scomparsa del capostipite della famiglia ma anche con il perché il virus abbia portato via la vita ad una persona giovane e in salute. Morto all’età di 39 anni il 26 marzo scorso, dopo una battaglia durata due settimane Conrad era un creativo dj professionista. Amava cantare “Three Little Birds” di Bob Marley a sua figlia Skye. Rientra tra le 759 morti messe in luce da un’analisi del Washington Post sui dati delle morti nazionali per coronavirus di persone al di sotto dei 50 anni. Questi dati servono a dimostrare che non è vulnerabile soltanto chi ha patologie o è anziano ma anche chi è giovane e sano. Oltretutto, il Post ha trovato 45 morti di giovani al di sotto di 20 anni mentre altre 190 di persone che non arrivavano a 30 anni.
“Il numero delle morti giovani è sicuramente più alto. Non tutti gli stati federali provvedono a rilasciare i dati sulle morti divisi per età, alcuni come il New Jersey o il Texas hanno iniziato a farlo dopo la richiesta del Post”, scrivono le penne Chris Mooney e Brady Dennis. La California invece ancora oggi non ha iniziato a dividere le morti per età, accorpando tutto insieme e rendendo difficoltoso tracciare un bilancio reale.
In Massachussetts, Louisiana e Illinois si può addirittura riuscire a tracciare una percentuale delle morti al di sotto dei 50 anni grazie alla suddivisione in gruppi di età. Lo 0,8 per cento dei morti in Massachussetts sono sotto i 50 anni, mentre l’8 per cento in Louisiana e il 9 per cento nell’Illinois.
Chiaramente il più largo numero delle morti arriva da New York, dove si trova l’epicentro della pandemia americana: dati aggiornati a mercoledì mostrano che 6 residenti sotto i venti anni sono morti nello stato, 118 sotto i trenta e in 265 sotto i quaranta.
Il Colorado ha addirittura suddiviso in età anche i gruppi di persone ricoverate: in 247 sono ricoverate sotto i cinquanta anni e di questi, nove pazienti sono morti.
Shawn Evans, medico e direttore del Scripps Memorial Hospital La Jolla in California ha detto: “È allarmante il numero di giovani che abbiamo visto arrivare in ospedale in questi giorni. E preoccupa ancor di più vedere quanti di questi siano finiti in terapia intensiva”. Lo stesso a continuato: “Tutti i dati ottenuti tempo fa, ciò che avevamo previsto è tutto sballato. Molti giovani riescono a salvarsi, quindi lasciano l’ospedale però c’è da dire che una leggera minoranza non ce la fa. Il coronavirus attacca le cellule dell’emoglobina che devono trasportare ossigeno nel sangue. Proprio a causa di questo cambiamento sconosciuto in molti muoiono”. Chi è giovane e in salute può chiaramente supportare il virus ma con gravissimi danni. Lo stesso Evans ha paragonato l’attacco di questo virus all’esposizione prolungata al monossido di carbonio: “Un uomo che pratica sport e che abbia 30 anni è vulnerabile quanto un 45enne che non pratica alcun tipo di sport”.
Jean-Laurent Casanova, un invetigatore della Howard Hughes Medical Institute and physician della Rockefeller University Hospital sospetta che la vulnerabilità al virus vada rintracciata all’interno del Dna: “Il primo passaggio dovrebbe essere quello di riuscire a comprendere la natura del virus. Nel momento in cui lo abbiamo rintracciato dobbiamo iniziare a pensare a come prevenire”. L’esempio che viene citato dal luminare è quello della tubercolosi: si è scoperto che gli individui più sensibili sono coloro che hanno una coppia di mutazioni che causano bassi livelli di interferone gamma. Una proteina atta a combattere la tubercolosi: “Fortunatamente da oltre trent’anni l’interferone è disponibile come farmaco e può compensare questo piccolo difetto genetico andando di fatto a combattere la malattia”.
Nicole Buchanan spera che la morte di suo marito possa servire a far comprendere di quanto sia grave questo virus, e che faccia capire a moltissimi ragazzi che restare a casa durante il full lockdown è necessario affinché altre famiglie non piangano la morte dei loro cari: “Inizialmente a mio marito è stato negato il tampone per il coronavirus perché ritenuto giovane e soprattutto essendo una persona che non viaggiava spesso. Non l’ho più visto dopo averlo lasciato al pronto soccorso e aver parcheggiato la mia auto. È sparito, ho saputo soltanto dopo che aveva iniziato la sua battaglia per combatter il virus attaccato ad un respiratore. Nessun visitatore è stato ammesso. Nessuna messa funebre per mio marito, soltanto la cremazione questa settimana”. L’unico ricordo che rimane è quello di Conrad che, aiutato da un’infermiera, chiama moglie e figlia per dir loro che non ce l’avrebbe fatta e che molto probabilmente non avrebbe superato la notte.
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