Coronavirus, Luca Zaia: “La telefonata che ha cambiato tutto”. Il governatore del Veneto: “Così ho rallentato l’epidemia”
«Ci terrei a dire subito una cosa». Prego. «I veneti mi stanno emozionando: hanno un senso civico straordinario, sono loro la vera arma contro il virus. Ho appena fatto Marghera-Conegliano, circa 60 chilometri, e non ho incrociato una sola macchina, a parte una pattuglia di carabinieri che mi ha fermato per un controllo». Il governatore del Veneto, Luca Zaia – il “doge” da queste parti – ci concede qualche minuto prima di tornare a coordinare la task force anti Covid-19.
«Da un mese e mezzo, praticamente, vivo nella sede della Protezione Civile. Dormo 4 ore, come ai tempi dell’ università, alle 7 prendo l’ auto, arrivo a Mestre, mi collego coi vertici nazionali, riunisco gli assessori alla Sanità Lanzarin e alla Protezione Civile Bottacin, e ci mettiamo al lavoro con l’ unità di crisi. Torno a casa verso le 11 di sera. Tutti fanno un lavoro straordinario. Durante il giorno non riusciamo a mangiare niente, se non patatine. Oggi non ce l’ ho più fatta e ho portato un salame e un po’ di vino».
Presidente: il Veneto conta 654 morti e 11.400 contagiati. Sono numeri drammatici, ma in percentuale molto inferiori rispetto ad altre regioni. Ci spieghi la vostra strategia
«Abbiamo puntato sui tamponi a tappeto, e per questo ho ricevuto parecchie critiche. A oggi ne abbiamo fatti circa 150mila. Non dobbiamo assolutamente abbassare la guardia, ma per ora siamo riusciti a contenere l’ epidemia. Senza un intervento tempestivo saremmo qui a parlare di una situazione ancora più pesante».
Tutto è cominciato il 21 febbraio a Vo’ Euganeo con la morte del povero Adriano Trevisan e con un altro episodio di infezione.
«Ero in giro per lavoro. Ricevo una telefonata: “Abbiamo due casi di Coronavirus”. Da quel momento è cambiato tutto».
Cos’ ha fatto?
«Sono corso a Padova. Fortunatamente eravamo già preparati».
Si spieghi.
«Il nostro dipartimento di prevenzione aveva predisposto il piano in caso d’ emergenza. È chiaro che durante la prima riunione, appena arrivata la notizia dall’ ospedale, abbiamo discusso dell’ ignoto, non si conosceva niente del virus, ma avevamo già pronta una strategia, elaborata dalla dottoressa Russo, e questo ci ha avvantaggiato».
Qual è stata la prima decisione?
«Ho chiesto immediatamente di sottoporre al tampone tutti i cittadini di Vo’, più di 3mila persone: i positivi erano 66 di cui 55 asintomatici. Se non li avessimo isolati subito e disposto la quarantena dell’ intero paese sarebbe stata una catastrofe. Al termine dell’ isolamento l’ Università di Padova ci ha proposto di fare di nuovo il test a tutti i residenti: i positivi, alla fine, erano solo 6. I tamponi sono essenziali e da questa settimana ne faremo ancora di più dato che è arrivato un nuovo macchinario».
Di cosa si tratta?
«È stato dato in dotazione al laboratorio del professor Crisanti: in totale riusciremo a produrre 15mila test al giorno».
Lei cita spesso il vostro modello matematico. Oggi cosa vi dice?
«Che c’ è una flessione che però è prematuro definire un trend. In ogni caso siamo in vantaggio di una decina di giorni sul modello: è il risultato del rispetto delle restrizioni».
Il 14 verranno allentate?
«Che sia chiaro: io tifo perché ci siano le condizioni per ripartire, ovviamente in modo graduale, ma dovrà essere la comunità scientifica a dirci se si può. Comunque va trovato un equilibrio, perché seguendo la linea ortodossa dovremmo rimanere a casa per un anno».
Il Veneto sta già lavorando alla ripartenza?
«La dottoressa Russo sta scrivendo, e l’ ha quasi ultimato, il nostro piano della riapertura, con una nostra visione. Speriamo di dare un contributo a tutta l’ Italia».
Può anticiparci qualcosa?
«No: è una fase delicatissima».
Il momento che l’ ha più spaventata e quello che l’ ha più emozionata
«Parto dal secondo. Ricevo migliaia di messaggi al giorno, e mi scuso perché non riesco a rispondere a tutti. La sensazione più bella finora, assieme alla chiamata di popolo dei veneti, l’ ho provata quando la curva dei contagi ha cominciato a scendere. Prima continuava a salire, avevamo 25-30 persone in più in terapia intensiva ogni giorno. Provavo un’ angoscia indescrivibile. Ma mi lasci aggiungere una cosa».
Dica.
«Valorizzate i ragazzi, si stanno dimostrando esemplari e li ringrazio di cuore».
In Italia non c’ erano più mascherine. Ve le siete fatte in casa.
«Merito dell’ imprenditore Franceschi, il proprietario di Grafica Veneta, che ha riconvertito parzialmente la stamperia e ne ha fabbricate 4 milioni. C’ è addirittura chi ci ha presi in giro». Be’, tutto sommato le è andata bene: quando lei, assieme agli altri governatori del Nord, aveva chiesto di mettere in “quarantena” gli studenti tornati dalla Cina si era preso del «razzista» «È vero: dagli stessi che poco dopo hanno invocato la chiusura totale dell’ Italia».
A che punto sono i test sierologici per verificare chi ha sviluppato gli anticorpi al virus?
«Mentre il mondo scientifico dibatte sull’ utilità noi ne abbiamo già comprati 100mila».
Lo Stato si è dimostrato totalmente impreparato all’ emergenza, eppure Pd e M5S vogliono riportare le sanità regionali in capo a Roma.
«Se Andrea Orlando e Vito Crimi vogliono l’ equa distribuzione del malessere io ho solo un sistema per rispondergli: ridò la parola ai cittadini veneti, come per il referendum sull’ autonomia, e chi vuole accentrare la sanità si becca un altro massacro».
La prima cosa che farà terminata l’ emergenza?
«Una lunga passeggiata. Abito in campagna, e camminare in mezzo agli animali mi manca molto».