La coop che gestisce gli immigrati vince l’appalto per le mascherine. E il titolare è un pregiudicato
Roma, 6 apr – L’appalto per la produzione nazionale di milioni di mascherine, di vitale importanza per gli operatori sanitari in campo per contrastare l’epidemia di coronavirus, assegnata ad una cooperativa che si occupava, tra le varie cose, di gestire centri di accoglienza per immigrati. Il cui titolare è stato arrestato per associazione a delinquere e truffa aggravata ai danni dello Stato.
Problemi (grossi) con la giustizia
E’ quanto emerge da un’inchiesta di Piazzapulita, andata in onda il 3 aprile, relativa alla società dell’imprenditore pugliese Salvatore Micelli, arrestato dalla Guardia di finanza di Taranto nel 2018 per erogazioni pubbliche ricevute attraverso imprese inesistenti. Secondo la tesi formulata dall’accusa, Micelli avrebbe infatti dato vita a 17 società fittizie con l’intento di accedere a fondi europei e regionali per l’occupazione femminile. Insomma, si trattava di sfruttare il business delle tanto decantate quote rosa per farsi erogare soldi dall’Ue. L’imprenditore è stato in carcere tre mesi e sette giorni: è ancora in corso il processo relativo a tale inchiesta nel quale gli viene contestato il reato di associazione a delinquere finalizzata alla truffa aggravata.
Ci si chiede quindi come sia stato possibile che l’imprenditore sia riuscito ad aggiudicarsi, attraverso la cooperativa Indaco service che si occupa di assistenza a immigrati, l’appalto per la fornitura di ben 7 milioni e 100 mila mascherine chirurgiche, al prezzo di 0,64 cents cadauna e per un valore complessivo di 4.554.000,00 euro. Se lo chiede anche il Corriere del Giorno, specificando che la cooperativa è stata sfrattata recentemente per problemi di morosità.
Domande alla Consip
Il quotidiano pone un interrogativo alla Consip, la centrale acquisti della pubblica amministrazione italiana che ha indetto il bando: «Dove reperirebbe i soldi Micelli per pagare le mascherine da fornire allo Stato, visto che il legale dell’imprenditore, Marcello Ferramosca, avrebbe dichiarato in un recente procedimento giudiziario che Micelli è disoccupato, ospitato in casa dalla compagna e dipende dall’aiuto economico della madre?». Non solo: dalle carte in mano al quotidiano emerge che «oltre a risultare condannato a 1 anno e 6 mesi di carcere , Micelli ha subito ben tre rinvii a giudizio, riuniti in un processo unico attualmente in corso, per diffamazioni e attività di stalking» nei confronti di un giornalista del Corriere del Giorno.
L’interrogazione di Donzelli
Della questione si è interessato anche il deputato di Fratelli d’Italia Giovanni Donzelli, che ha denunciato il fatto in un video diffuso su Facebook, annunciando la presentazione di una interrogazione parlamentare: «Durante l’emergenza coronavirus l’Italia si è fatta trovare senza mascherine, così il 19 marzo Consip ha dovuto bandire una gara per comprarle – spiega il deputato. – La gara si è conclusa, e ad aggiudicarsi una commessa da 4 milioni e mezzo c’è un imprenditore con gravi accuse sulle spalle, Salvatore Micelli, che poco più di un anno fa è stato arrestato per associazione per delinquere e truffa aggravata ai danni dello Stato. È stato tre mesi in carcere e la procura ha chiesto per lui il processo. E indovinate di cosa si occupa l’azienda di Micelli che ha vinto la gara, la Indaco service? È una cooperativa di accoglienza e di assistenza di cittadini stranieri richiedenti asilo. Nonostante i problemi giudiziari la commessa non gli è stata revocata. “Ci siamo aggiudicati la gara per 7 milioni e 100 mascherine chirurgiche”. Nel 2015 Micelli era salito sul palco della Leopolda, la kermesse della fondazione Open nata per finanziare le iniziative di Matteo Renzi», prosegue. «Ho presentato un’interrogazione: il governo chiarisca immediatamente».
L’evasiva risposta della Consip
In seguito al servizio di Piazzapulita, la Consip aveva così risposto alla trasmissione: «Consip ha svolto procedure di urgenza di selezione dei fornitori garantendo, da un lato, la massima trasparenza e dall’altro, la celerità dell’azione, con aggiudicazione fatta in 3-4 giorni dalla pubblicazione». E continua: «Una parte rilevante del lavoro di Consip è la prevenzione di frodi o altre irregolarità. Al riguardo i controlli circa la regolarità dei fornitori hanno consentito di escludere quelli non in possesso dei requisiti di qualità e professionalità richiesti, segnalando prontamente i fatti alle Autorità competenti. L’azione pur nell’emergenza è sempre attuata nel rispetto del Codice degli Appalti, anche per ciò che concerne l’esclusione dei fornitori per determinati reati o altre evidenze». Evidentemente, nel meccanismo di controllo qualcosa si è inceppato, ma Consip conclude spiegando che ad ogni modo «il pagamento per la fornitura, in ogni caso, non verrà effettuato se non successivamente all’esito dei controlli e delle nuove verifiche effettuate, in quanto non è consentito a Consip nessun pagamento verso i fornitori se non all’esito positivo dei succitati controlli».
Cristina Gauri