Ecco il paese senza Covid, il sindaco: “Mi prendevano per pazzo”
Prevenire è meglio che curare. Lo sa bene Flavio Cera, sindaco di un piccolo paese di 2800 abitanti in cima ad una collina dell’entroterra laziale non lontano da Roma, il cui nome sembra un mix beneaugurante tra le parole “bella” e “allegra”, Bellegra.
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Lungimirante, il 3 marzo ha deciso di chiudere la cittadina, anticipando di gran lunga quello che sarebbe successo di lì a breve in tutta Italia, ed ha avuto ragione: Bellegra è tra i pochissimi comuni italiani che non ha conosciuto casi di positività. Zero. “Nemmeno uno e speriamo che il nostro santo patrono, San Sisto, ci protegga ancora”, dichiara il primo cittadino che ha mischiato sacro e profano. “Ho deposto ai suoi piedi la fascia tricolore. La riprenderò quando sarà finita l’epidemia”.
“Sei pazzo…”
Olevano Romano, Affile, Subiaco, Rocca Santo Stefano, Genazzano sono i nomi dei comuni più vicini “all’epicentro” di Bellera, e tutti presentano diversi casi di positività tra gli abitanti. Ma Cera aveva visto giusto andando contro i giudizi dei sindaci dei paesi limitrofi che lo prendevano in giro. “Mi telefonavano chiedendomi cosa stessi facendo, alcuni ironizzavano: sei ammattito”, ha affermato al Messaggero.
Il “segreto” di Bellegra e delle decisioni del suo sindaco hanno origini settentrionali, frutto dei consigli che i colleghi di Bergamo e Brescia gli hanno dato quando in Lombardia si stava arrivando al collasso della sanità con contagi velocissimi, morti inspiegabili e la paralisi di ogni attività. Flavio Cera ha saputo far tesoro dei consigli applicandoli alla piccola realtà di cui è il primo cittadino. “Ho fatto tesoro delle loro parole. Faccio parte dell’Uncem, l’Unione nazionale dei comuni, comunità ed enti montani e con molti sindaci c’è un rapporto stretto di collaborazione”.
Il piano d’azione
Fu così che, da martedì 3 marzo, quasi un mese esatto fa, Bellegra ha imboccato una nuova strada: sono stati sorvegliati gli spostamenti della popolazione, predisposto un piano per gli anziani e messi sull’attenti i medici di famiglia ed i volontari. “La cosa più importante era limitare al massimo i luoghi di aggregazione – afferma il sindaco – Poi siamo passati alla sanificazione periodica di tutto, comprese le fermate del Cotral”.
La gente veniva invitata a restare a casa, ad evitare i capannelli ai supermercati, a fare file nelle banche o in posta. In un paese così piccolo, dove tutti si conoscono, la difficoltà più grande è stata tenere tutti distanziati. In una seconda fase, agli anziani è stata consegnata la spesa a casa e per i farmaci i medici di famiglia provvedevano a lasciare la ricetta in una specie di buca delle lettere. A quel punto, la protezione civile o altri volontari acquistavano i prodotti in farmacia per lasciarli davanti alle abitazioni.
Le mascherine, un dono “dall’alto”
Tutto perfetto, ma anche Bellegra ha dovuto fare i conti con un problema non suo: la mancanza delle mascherine. Il paese, però, è nato senz’altro sotto una buona stella ed un monsignore del Vaticano, don Americo Ciani, nativo di quelle parti, ha regalato alla sua gente un grande quantitativo di stoffa adatta per produrle artigianalmente.
A quel punto, è partito l’appello alle sarte ed alle signore che in casa avevano una macchina da cucire per assemblare i primi pezzi. “Si tratta di mascherine artigianali, con un filtro idoneo da inserire dentro, tutte confezionate secondo le disposizioni delle circolari ministeriali” racconta fiero il sindaco.
Le prime 500 mascherine sono andate agli anziani ed alle persone più fragili, poi ai volontari. Il ritmo di produzione è continuo ed un altro blocco è in dirittura di arrivo. “Le regaliamo a coloro ne hanno bisogno”. Nel paese dove tutto è perfetto da oggi saranno disponibili anche i buoni spesa. “Gente allegra il ciel l’aiuta”, dice il proverbio. O forse è Bellegra…?
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