“Il massimo dei contagi non è lontano. Ma se non sarà così avremo sbagliato”
Carlo Signorelli, professore di Igiene e Sanità Pubblica all’Università Vita e Salute del San Raffaele, trasmette un po’ di ottimismo in tanti numeri nefasti che accompagnano la pandemia del Covid-19.
«Mi aspetto il picco nei prossimi giorni con la conseguente discesa dei contagi, dei ricoveri in rianimazione e conseguentemente dei morti».
È girato un documento attribuibile al comitato scientifico del Governo che fissa il picco al 28 marzo con 50mila casi e una discesa a 23mila casi verso il 20 di aprile.
«Ci sono anche le scommesse Snai aperte? Battute a parte, nessuno può rispondere in maniera certa. I contagiati rilevati dai test non corrispondono ai numeri reali che potrebbero essere fino a dieci volte tanto visto che la malattia può essere lieve o asintomatica».
Quali sono i dati più attendibili?
«Si può ragionare sui decessi e sui ricoverati in terapia intensiva. Ma poiché l’epidemia si è mossa in modo sfasato, il picco epidemico dev’essere valutato per aree geografiche e non su base nazionale».
Partendo dal Nord che previsioni può fare?
«Noi ci aspettiamo il picco nei prossimi giorni e poi contagi in discesa. Se non avviene questo, vuol dire che le misure non hanno sortito l’effetto sperato».
Secondo lei la segregazione nazionale funziona?
«Si è cercato un distanziamento sociale con misure drastiche. E tutti si aspettano un risultato a breve».
Però quella gente nei parchi sulle panchine a prendere il sole, o stipata in metrò…
«Ci sono state disobbedienze ma tantissimi hanno recepito il messaggio. Poi erano misure mai provate prima. Un periodo di adattamento è comprensibile».
Quindi va bene tutti a casa?
«La casa non è in assoluto un luogo sicuro, perché ci sono entrate e uscite. Ci sono persone addette ai servizi essenziali, tra cui alimentari sanità, trasporti, farmacie oltre ai cittadini che fanno la spesa o vanno in farmacia».
Quindi urgono più restrizioni?
«Il punto non è uscire ma non venire a contatto con gli altri. Sì quindi sì alle corse in solitario e sì ai giri con il cane. Dobbiamo eliminare le aggregazioni e la responsabilità è dei singoli».
Altri accorgimenti?
«Lavarsi le mani. È un’abitudine da attuarsi rigorosamente. Che ci tutela. Una barella che ha portato un infetto può essere uno strumento di contagio se viene toccata da qualcuno che poi si mette le mani davanti alla bocca. In uno studio attendibile è stabilito che il virus sopravvive un giorno sulla carta, due sulla plastica e tre sull’alluminio. Ricordiamoci che il virus non prende il volo dalle superfici e quindi il lavaggio delle mani è sufficiente».
E i tamponi servono?
«La rete dei laboratori è congestionata, fatica a soddisfare le esigenze dei pazienti con sintomi. Non è pensabile un’estensione. Il tampone dev’essere riservato al caso clinico con sintomi sospetti o a casi eccezionali legati a un focolaio».
Strategie mediche di mitigazione del fenomeno da mettere in campo?
«La differenza temporale della diffusione del virus tra Nord e Sud potrà consentire un bilanciamento di posti letto di rianimazione quando ce ne sarà bisogno. La Fiera di Milano sarà utile anche per il Sud».
Quando finirà?
«Speriamo che il caldo ci aiuti. Per alcuni virus respiratori il caldo crea meno occasioni di contagio perché c’è minore suscettibilità delle vie aeree al contagio. La Sars è esaurita in estate.
il giornale.it