Migranti, riprendono gli sbarchi. E il coronavirus ora avanza in Africa
Già un mese fa, quando l’epidemia era in gran parte confinata in Cina e l’Italia non era entrata nel vortice neri della pandemia, uno studio condotto dalla ricercatrice italiana Vittoria Colizza aveva messo in guardia: il pericolo in futuro, sul fronte dell’emergenza Covid-19, potrebbe arrivare dall’Africa.
Oggi il continente nero sta iniziando a registrare sempre più casi e la situazione potrebbe ben presto preoccupare. Attualmente l’epicentro della pandemia è l’Europa, con l’Italia che ha superato i trentamila contagiati ma con Spagna, Germania e Francia che stanno accusando ritmi molto alti nella crescita del numero dei nuovi casi.
Ma un giorno il cuore dell’emergenza potrebbe per l’appunto essere l’Africa. Nello studio di Vittoria Colizza, erano tre i paesi maggiormente indicati come primi possibili focolai dell’infezione nel continente: Egitto, Algeria e Sudafrica. Una previsione quest’ultima a cui si è arrivati tramite l’elaborazione dei modelli matematici e che, alla prova dei fatti, si è rivelata veritiera.
Attualmente sono proprio i tre paesi sopra citati ad essere quelli più raggiunti dal coronavirus in Africa: l’Egitto, dove a febbraio si è anche riscontrato il primo caso, ha 210 contagiati accertati e sei morti, 116 invece sono coloro che in Sudafrica hanno contratto il Covid-19, 74 invece in Algeria. Ma qui si ha al momento il record di deceduti africani, con 7 vittime causate dal virus.
Se questo è un dato che, secondo Vittoria Nicolizza, in qualche modo può rincuorare circa il fatto che i tre paesi in questione sono anche quelli dove il sistema sanitario è maggiormente sviluppato in Africa, occorre però non abbassare affatto la guardia. Oramai gran parte dei Paesi del continente nero hanno almeno un caso di Covid-19 e se l’infezione è potuta dilagare in Italia ed in Europa, nulla vieta di pensare che i prossimi picchi della pandemia possano avvenire in Africa.
Lo ha fatto presente lo stesso direttore dell’Oms, l’eritreo Tedros Adhanom Ghebreyesus: “Il miglior consiglio che posso dare al mio continente – ha dichiarato il direttore generale nei giorni scorsi – è di prepararsi al peggio e prepararsi ora. Il mio continente deve svegliarsi”.
E l’allarme non è di poco conto: in diverse aree dell’Africa manca l’acqua, non ci sono le condizioni per applicare anche le più basilari regole di igiene per bloccare l’avanzata del virus. Per non parlare poi dei sistemi sanitari: alcuni di questi non sono diffusi capillarmente nei territori di appartenenza, le risposte che possono essere date alla popolazione ammalata sarebbero quindi limitate.
L’unico mezzo su cui per il momento una parte del continente potrebbe puntare, è quello relativo alle più recenti esperienze: in Africa occidentale nel 2014 hanno affrontato l’epidemia di ebola, stesso discorso per quanto riguarda il Congo nei mesi più recenti. La popolazione è abituata a vivere con lo spettro di epidemie e di misure stringenti per contenere la diffusione delle malattie. Ma misure del genere dovrebbero iniziare ad essere applicate da adesso, visto che in questo momento la curva dei contagi è ancora bassa. Tuttavia, solo pochi governi si stanno concretamente muovendo.
Da qui gli allarmi lanciati in questi giorni e quell’invito a “svegliarsi” fatto dallo stesso direttore dell’Oms. Ma il problema potrebbe riguardare anche l’Italia: se nei prossimi mesi la pandemia dovesse trovare il proprio apice in Africa, gli sforzi che il nostro paese sta compiendo per uscire dall’emergenza potrebbero essere vani.
L’Italia infatti, per ovvie ragioni geografiche, potrebbe essere la più esposta ad un’eventuale diffusione di contagio nel continente a noi dirimpettaio. E già oggi per la verità non mancano le preoccupazioni, sia di natura sanitaria che di ordine pubblico. La primavera che avanza sta dando la possibilità a molti trafficanti di rimettere in mare i barconi carichi di migranti, in 150 sono sbarcati dalla Tunisia, dove i contagi stanno crescendo, negli ultimi giorni a Lampedusa e ci sono non poche difficoltà nel trovare luoghi adatti per far rispettare loro la quarantena.
Se in estate il picco dovesse essere in Africa, la contestuale ripresa dei flussi migratori imporrebbe all’Italia nuovi sforzi e nuovi sacrifici: nessun paese europeo infatti accetterebbe più la redistribuzione, le nostre forze dell’ordine e le nostre autorità sarebbero chiamate a trovare in tempi brevi luoghi idonei a far rispettare la quarantena a centinaia di persone per salvaguardare la (si spera) ritrovata salute del nostro paese. L’Africa è quindi un problema sul fronte coronavirus: lo è per il mondo, ma lo è soprattutto per l’Italia.
il giornale.it