Scoppia il caos alle frontiere. Gorizia, torna la Guerra fredda
Le code chilometriche sono diminuite perché anche gli autotrasportatori hanno capito che dal confine sloveno non si passa. Il governo di Lubiana è stato uno dei primi, assieme a quello di Vienna, a far saltare Schengen.
E il caos regna ancora. Ora oltre mille Tir, fra Trieste e Gorizia, sono in attesa di poter raggiungere la propria destinazione in Europa dell’Est o nei Balcani. E altri ne stanno arrivando. L’autoporto del valico internazionale di Fernetti (Trieste) è zeppo di veicoli pesanti, stessa cosa accade in quello di Sant’Andrea (Gorizia). Dopo gli intasamenti di venerdì, i camionisti hanno cercato un posto dove piazzare il loro mezzo, ma gli spazi non ci sono. A Fernetti, ieri mattina la coda per andare in autoporto era ancora chilometrica e ha tenuto impegnati sia la polizia stradale sia gli operatori dell’Anas. E resta ancora incerta la sorte di 101 passeggeri ucraini di due autocorriere, fermi da giovedì notte alla frontiera. Sono per lo più badanti e giovani lavoratori stagionali che cercavano di rimpatriare. Con ogni probabilità, se Lubiana non consentirà loro il transito, potrebbero partire dall’aeroporto di Venezia con un volo messo a disposizione dalle autorità di Kiev. «Anche questa notte – dicono – l’abbiamo passata sul pullman. Speriamo di potere ripartire al più presto, perché la situazione è molto difficile».
Ma la situazione più grave è a Gorizia. L’autoporto ha raggiunto il limite ospitando 400 mezzi pesanti, il Comune ha aperto un altro parcheggio che è già stato occupato da altri 50 Tir e, mentre percorri il raccordo autostradale che dalla A4 porta verso il confine di Gorizia, trovi i posteggi dei centri commerciali occupati da decine di autoarticolati. Molti addirittura sono fermi nelle piazzole d’emergenza o nelle strade della periferia cittadina in attesa che qualcosa si sblocchi.
«Dormirò qui racconta un camionista romeno Il confine è chiuso e mi hanno detto che sarà impossibile passare. L’alternativa era tornare indietro e attraversare l’Austria, anche se sono moltissimi chilometri in più. Ma ho saputo che anche l’Ungheria ha chiuso le frontiere. Quindi non posso muovermi». Ma dal fronte sloveno non sembrano arrivare novità positive tanto che il governatore del Friuli Venezia Giulia, Massimiliano Fedriga, lancia un appello a Lubiana per lo sblocco immediato dei valichi confinari. «Il blocco del traffico merci proveniente dall’Italia rappresenta un’azione dannosa non solo per l’economia, ma rischia di creare problemi drammatici anche nella lotta che stiamo facendo al diffondersi dell’epidemia afferma Fedriga paventando ritorsioni -. Se Lubiana non assumerà una posizione ragionevole in merito a questa situazione temo che potrebbero danneggiarsi irrimediabilmente i rapporti tra Italia, con il Friuli Venezia Giulia in testa, e Slovenia». Il governatore striglia anche Luigi Di Maio. «Sono a conoscenza delle iniziative già avviate dal ministro – scrive in una lettera alla Farnesina -, ma sono certo che non mancherà un risolutivo intervento» per riaprire il traffico alle merci.
«Sono state giornate pesantissime dice il sindaco di Gorizia Rodolfo Ziberna . Prima le strade intasate dai camion, poi la corsa per trovare posto ai mezzi pesanti che erano rimasti bloccati da questa parte del confine. Almeno adesso gran parte dei camionisti hanno a disposizione toilette, docce, distributori automatici di panini, snack e bibite, riforniti in continuità». Ma nei parcheggi gli autisti si riuniscono pericolosamente in gruppi. «D’intesa con il Prefetto e il Questore, sono stati inviati degli operatori che in lingua inglese illustrino loro le raccomandazioni essenziali. Continuiamo a monitorare la situazione».
Gorizia, però, sta facendo anche un salto nel passato. Dopo la decisione della Slovenia di chiudere le frontiere, la città, già divisa in due come Berlino dal Trattato di pace di Parigi, ha visto rinascere i muri che la dividevano dalla ex Jugoslavia di Tito. «Fa impressione veder di nuovo i confini chiusi racconta un’anziana signora in fila davanti a un supermercato -. Misure forse necessarie ma che ti toccano nel profondo».
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