Vigili del fuoco a rischio contagio: “Non abbiamo le mascherine”
Non c’è allarme sanitario che possa fermare i vigili del fuoco. Non un’emergenza in grado di arrestare il loro lavoro al fianco dei cittadini.
Con coraggio e dedizione gli uomini del fuoco continuano a prestare il loro servizio anche davanti alla minaccia del Covid19. Eppure lo Stato sembra averli abbandonati.
In un documento emanato dal Ministero degli Interni, di cui noi de IlGiornale.it siamo venuti in possesso, il capo del Corpo nazionale dei vigili del fuoco annunciava l’arrivo di nuove “disposizioni per la gestione del rischio operativo connesso all’emergenza Covid-19”. Una serie di linee guida e norme da adottare per “ridurre il rischio per gli operatori nelle attività di soccorso connesse all’emergenza”. Niente da dire, se non fosse che, per i pompieri, è in realtà impossibile rispettare le indicazioni. A chi presta servizio non è stata fornita neanche una delle dotazioni di protezione individuale. “Le mascherine che ci hanno messo a disposizione sono un numero minimo e l’indicazione è stata di utilizzarle solo in caso di estrema necessità”, ci spiega Pompeo Mannone, segretario nazionale Fns (Cisl), “Purtroppo però, quando noi interveniamo non sappiamo mai la situazione alla quale andiamo incontro. É impossibile valutare prima se armarsi di protezione o meno”. Non considerando che all’interno dei mezzi di soccorso non si possono tenere distanze di un metro l’uno dall’altro e quindi questo basterebbe a rendere necessaria la mascherina protettiva in ogni operazione. Così vale anche per gli altri dispositivi, come guanti in lattice o in nitrile e gel disinfettanti a base di alcol. Introvabili anche nelle stazioni di comando.
Mancano le risorse. E il rischio di contagio per i vigili del fuoco è all’ordine del giorno. Ma c’è di più. Il paradosso lo si legge ancora una volta nelle carte. Dove dal Comando Nazionale arriva anche la soluzione a tali mancanze. E’ scritto a pagina 1 del documento riguardante le linee guida, firmato dal Capo del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, oltre che dal dirigente dell’Ufficio di Coordinamento delle attività sanitarie e di medicina legale, che “laddove non sia possibile rispettare la distanza interpersonale di 1 metro (…) andranno utilizzate le mascherine chirurgiche ovvero, in alternativa, il sottocasco antifiamma in dotazione a protezione di naso e bocca (prevenzione diffusione droplets) nonché l’elmo con visiera trasparente abbassata.”
Insomma, secondo il Ministero degli Interni, per ovviare la mancanza di mascherine protettive i vigili del fuoco possono utilizzare il sottocasco e posizionarlo in modo da coprire parte del viso. La stessa protezione che solitamente gli uomini utilizzano in qualsiasi tipo di intervento per proteggersi da fiamme libere e calore e che, pertanto, non può essere sterile seppur i suoi tessuti fossero in grado di filtrare il virus. “Anche nel caso venisse provato che il Covid19 non riesca a passare da quei tessuti per garantire la nostra sicurezza dovremmo averne in dotazione un numero molto alto. In modo da riuscire a cambiarli dopo ogni intervento. Il che è del tutto impossibile ”, dichiara ancora Mannone. Il quale, in una lettera inoltrata all’Amministrazione, ha fatto presente che tale indicazione “potrebbe essere fuorviante e pericolosa per la salute del personale in servizio”. Chiedendo, nero su bianco, che venga modificato il passaggio nelle linee guida.
Stessa storia anche per i controlli del personale. Secondo le nuove disposizioni infatti “i Comandi Provinciali e le Direzioni Regionali dovranno disciplinare controlli a tutela di tutto il personale anche mediante termometri a infrarossi o auricolari da acquisire per tutte le sedi di servizio, ove non già disponibili”. Ma nessun dispositivo è mai arrivato alle varie sedi. “Non abbiamo alcun termometro ad infrarossi. Non ci sono mai stati forniti”, ci confessa Antonino Stilo, segretario territoriale Fns Cisl e Vvf di Reggio Calabria.
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