Coronavirus, Galli avverte: “Più contagi di quelli ufficiali”
“La notte oggi è abbastanza fonda”. A lanciare l’allarme è Massimo Galli, il direttore di Malattie infettive dell’ospedale Sacco di Milano, che a Radio Capital ha spiegato: “Il numero di contagiati è più alto di quello ufficiale.
I casi ufficiali sono il prodotto della circolazione del virus delle scorse settimane, sono prevalentemente sintomatici, ma non abbiamo avuto una sufficiente inchiesta epidemiologica sugli asintomatici”.
Vanno in questa direzione le misure adottate dal governo, per “limitare questo danno”. “Quello che è stato fatto finora- aggiunge- è importante, il distanziamento sociale è pesante da attuare ma è il modo più diretto per arginare la malattia”, sostenendo che “andrà fatto di più in determinare aree”. È importante, infatti, lavorare sulle singole zone, nel tentativo di ridurre i contagi: “La battaglia si vince nei territori, come sul campo di battaglia. Gli ospedali sono nelle retrovie, se continuano ad arrivare feriti non riusciranno mai a reggere. Il circolo vizioso va interrotto sul campo”.
E sul numero di tamponi effettuati, Galli sospetta sia “un problema di ordine organizzativo. Si sta facendo già uno sforzo immane per far funzionare gli ospedali, ma manca molto un intervento territoriale reale. In Veneto c’è stato, nella zona di Vò sono stati fatti tantissimi tamponi e si sono visti stati risultati. La scelta di non farne altrettanti in altre zone per me è discutibile, anche se probabilmente è dovuta alla disponibilità negli spazi di laboratorio nel fare tutti questi tamponi”. In Italia, la letalità della malattia è alta e, ricorda, siamo arrivati al 6,6%, ma è dovuta al fatto che “stiamo facendo i calcoli sui casi sintomatici e non sulla globalità”.
E sulla durata dell’epidemia, l’infettivologo del Sacco avvisa: “Il coronavirus è una bestia che ci ha invaso e ci terrà compagnia per un periodo non breve”.
È della stessa idea anche il virologo dell’Università degli studi di Milano, Fabrizio Pregliasco, che ad AdnKronos rivela: “Sulla base dell’andamento del coronavirus in Cina e dei dati italiani, possiamo stimare uno scenario con picco a fine marzo e la fine del problema in Italia tra maggio e giugno”. Si tratta solo di una previsione, dato che “si tratta di un virus nuovo”. Ma, aggiunge, “l’esperienza cinese e quello che sta accadendo nelle ex zone rosse può dirci molto”.
Sull’andamento della pandemia può influire anche “l’icognita rappresentata dal resto d’Europa e dalla Gran Bretagna. Stiamo vedendo mancanza di coordinamento e azioni disomogenee, che- avverte- possono rovinare quello che si sta facendo in Italia”. Per questo il virologo sottolinea la necessità di “una stretta complessiva”. Un problema, però, difficile da affrontare, quando i contagiati sembrano riguardare altri territori. Ma, avvisa l’esperto, il coronavirus “si sposta con le persone, quindi le immagini di stadi pieni o la mancanza di interventi”, che caratterizzano ancora alcuni Paesi dimostrano che “non si è imparato nulla dall’esperienza cinese e italiana, ma suscitano preoccupazioni per l’effetto che potranno avere anche, di riflesso, su di noi”.
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