Coronavirus, il rinvio non basta: “Ora dovete cancellare le tasse”
“Eravamo già con un piede nella fossa. Ora ce li abbiamo entrambi”. Se si alza lo sguardo oltre la siepe del contagio, c’è un’intera popolazione che vive con una doppia apprensione. Se mai il coronavirus dovesse colpirli, rischiano di lasciarci le penne.
Ma se anche la buona sorte dovesse baciarli e Covid-19 risparmiarli, dietro l’angolo è già in agguato un altro tipo di morte. Quella economica.
Le partite iva in Italia sono un esercito di 5 milioni di lavoratori: sono commercianti, artigiani con dipendenti a carico, esercenti, professionisti e freelance di vario tipo. Un intero settore produttivo che rischia di uscire stritolato da uno o due mesi di crisi economica da Covid-19. Domenico De Mario ha un panificio sul lago di Como: “Di solito in questo periodo iniziavano ad aprire ristoranti, bar, hotel. Ho cinquanta clienti di questo tipo e ora sono tutti chiusi”. In soldoni significano migliaia di euro di fatturato in meno, ma i costi restano: “Ieri ho versato 7mila euro di stipendi, di cui 5mila euro di contributi. Per tenere il passo utilizzo il fido della banca. Ma se avessi un calo di fatturato del 50%, potrebbero chiedermi di rivedere i parametri del fido. E io sarei nei guai”.Le partite Iva a rischio al tempo del coronavirusIl primo timore riguarda le scadenze fiscali, che rischiano di diventare il colpo di grazia in un periodo di grosse difficoltà. Il ministro dello Sviluppo Economico, Stefano Patuanelli, ha annunciato nei prossimi interventi da 25 miliardi la “sospensione” di pagamenti, ritenute fiscali, contributi, mutui e tasse. L’obiettivo è garantire la liquidità necessaria alle partite iva per sopravvivere e pagare fornitori, affitti, materiali. Allo studio c’è anche “l’accesso al credito immediato”, forse con l’estensione delle garanzie per il Fondo liquidità per le Pmi. Tutto bellissimo, per carità. Ma rischia di non essere abbastanza. Se il Paese si ferma, le piccole e medie imprese di “sospensioni” e “rinvii” non se ne fanno nulla. Oggi non pagheranno, certo. Ci sarà un po’ di liquidità, che non guasta mai. Ma domani si troveranno a versare tasse, mutui e bollette di oggi sommate a quelle che verranno. “È un’idea demenziale. Bisogna fermare tutto e poi far ripartire, non rinviare – dice Domenico – A settembre non posso trovarmi sul groppone l’Iva di tutti questi mesi tutta insieme”. Altrimenti sarebbe come spostare di qualche ora il plotone d’esecuzione: allunghi l’agonia, ma il risultato è lo stesso. Alla fine si crepa.Il governo stanzia 25 miliardi per l’emergenza coronavirusI bar, i negozi e via dicendo già da due settimane hanno ridotto i fatturati con punte fino al 70-80%. Sono soldi che non recupereranno mai. “Quando l’emergenza sanitaria passerà – dice Domenico – non è detto che il volume di vendita torni subito quello di prima”. Per i clienti scomparsi e i ricavi in fumo, non c’è alcun “rinvio”. Quel che è perso, è perso. Alberto e Carlottavio, della De Bāse architettura, hanno dovuto annullare quattro eventi nello studio, chiudere il coworking e rimborsare tutti i soldi già incassati. Qualcuno ha messo da parte le risorse per pagare Irpef e Inps dell’anno scorso, fondi che in questi mesi senza fatturato sta utilizzando per sopravvivere. Un amico mi scrive: “Voglio vedere quando a giugno ci sarà il saldo e l’acconto Irpef, che viene conteggiato sull’anno prima e che non avrà nessuna aderenza alla realtà. O mi danno il permesso di stampare moneta nel sottoscala o almeno prendano la mia famiglia a mangiare a casa loro”.
Il governo pare stia cercando le risorse per elargire indennizzi a chi ha perso fette importanti di fatturato (si ipotizza almeno il 25%). Ma estendere a tutta Italia i 500 euro di indennità concessi agli autonomi delle zone rosse del Lodigiano sembra quasi irrealizzabile. E non è detto che basti. “Oggi abbiamo un fatturato garantito dai contratti già in essere – spiega Diego Rapuzzi, della 3DD Factory che si occupa di grafica e rendering – ma se le limitazioni alla circolazione dovessero continuare, ci sarebbe impossibile riuscire ad ottenere nuovi lavori”.
In situazioni di emergenza, allora, serve ben altro. La moratoria “su finanziamenti, pagamenti al fisco e utenze, così come sui contributi di prossima scadenza” chiesta da Confesercenti è il minimo. Ma tasse e gabelle varie non vanno solo “sospese”, sostengono i diretti interessati, vanno pure “cancellate”. Mica azzerate, eh. Ma almeno che venga scontata la quota parte relativa al periodo di emergenza che autonomi e partite iva stanno subendo. L’emergenza Covid-19 dura un mese? Per quest’anno che le imposte vengano calcolate solo su 11 mesi di fatturato dell’anno scorso, scontando ovviamente il più redditizio. Qualcuno suggerisce: “Lo Stato potrebbe pagare i contributi degli autonomi e, per le pmi, quelli dei dipendenti, così da non lasciare a casa nessuno”. O almeno, ripete Domenico come un mantra, “ci cancellassero l’acconto delle tasse sul prossimo anno”. Sono solo idee, per carità. Ma oggi non bastano più le solite misure. Ci vuole un po’ di coraggio in più.
il giornale.it