Godetevi il coronavirus, perché la recessione (senza sovranità monetaria) sarà terribile

Roma, 10 mar – Di solito, quando si profila una minaccia comune, un popolo mette da parte le sue divisioni e ritrova la sua unità. E, inoltre, si stringe attorno alla sua guida politica. È questo l’unico motivo per cui il governo Conte, in tale congiuntura, non può che accrescere il proprio consenso. Poco importano i suoi errori macroscopici e scellerati, che sono già costati migliaia di vite. Non è questo il tempo dei processi, ma quello della solidarietà e dell’unità. Senza il coronavirus, infatti, l’esecutivo giallofucsia sarebbe stato ancora alle prese con una maggioranza traballante, la transumanza dei parlamentari scontenti, il fuoco amico di Renzi e le stoccate di un’opposizione che è sì minoranza nel Palazzo, ma è maggioranza quasi assoluta nel «Paese reale». E invece ora – giustamente – tutti muti e a remare nella stessa direzione.

L’Unione europea ai tempi del coronavirus

Tutto questo, però, non deve farci dimenticare le conseguenze gravissime che il coronavirus avrà sulla nostra nazione, una volta che il morbo sarà stato definitivamente debellato. La conseguenza più macroscopica è ovviamente la recessione economica da incubo che ci attende. Si parla di stime terrificanti. E che cosa succede nel frattempo? Il governo, per far fronte all’emergenza, va a piatire un paio di miliarducci – che non serviranno a nulla – e questo proprio mentre i soloni di Bruxelles si apprestano ad approvare il Mes, che metterà una seria ipoteca sul futuro dell’Italia. Non per un decennio, ma per generazioni intere. Ecco, se c’è una cosa positiva che il virus ha portato con sé, è che almeno saranno visibili a tutti gli effetti devastanti che 20 anni di cessioni di sovranità, servilismo politico, misure neoliberali e propaganda globalista hanno causato alla nostra nazione.

Ci serve un bazooka monetario

Partiamo dal dato più evidente. Dopo anni di tagli alla sanità imposti dalle politiche di austerità, l’Italia non era pronta ad affrontare l’emergenza coronavirus. Lo ha fatto notare, in tutta la sua crudezza, l’ex ministro della Sanità Girolamo Sirchia, che ha sparato ad alzo zero contro un’intera classe politica che (s)governa la nazione da 10 anni a questa parte. Migliaia di vite di cittadini italiani sacrificate sull’altare del libero mercato e del pareggio di bilancio. Ma non è finita qui: per far fronte alla recessione economica che ci aspetta, e al cui confronto la crisi del 2008 sembrerà una passeggiata di salute, avremmo bisogno di un bazooka monetario di proporzioni colossali. E non stiamo parlando dei due spicci che Conte e Gualtieri sono andati a chiedere a Bruxelles con il cappello in mano. Qua si parla di decine di miliardi – all’incirca una cinquantina, per essere più precisi. Altrimenti – è ovvio – le imprese chiuderanno, i cittadini perderanno il lavoro e in molti moriranno. Sì, moriranno.

A mali estremi, estremi rimedi

Ebbene, uno Stato dotato di sovranità monetaria (ossia di una propria valuta) non avrebbe problemi a stampare tutto il denaro che gli occorre per immetterlo nel mercato interno. Certo, servirà una certa accortezza per scongiurare un’eccessiva inflazione (ma con la disoccupazione che ci ritroviamo sarebbe l’ultimo dei problemi), eppure una misura del genere è inevitabile, se non si vuol fare una fine peggiore di quella della Grecia. Tutto questo che vuol dire? Che l’Italia dovrebbe prendere seriamente in considerazione l’ipotesi di battere una moneta parallela all’euro per il solo mercato interno. Un’uscita unilaterale dall’euro, ovviamente, ora non sarebbe praticabile, o meglio sarebbe politicamente insostenibile. Ma il conio di una valuta parallela rimane comunque essenziale. È questo, del resto, ciò che differenzia uno Stato sovrano da uno Stato fantoccio: l’autorità di battere moneta e farla valere legalmente all’interno del suo territorio nazionale. Faremo una «figuraccia» con l’Europa? Non precisamente: la faremo proprio incazzare. Saremo sottoposti a pressioni politiche che faranno calare la maschera agli «europeisti»? Sì, senz’altro. Finiremo nel baratro? No, esattamente come il Regno Unito non ha patito le 10 piaghe d’Egitto una volta uscito dalla gabbia eurocratica. L’unico modo che abbiamo per finirci davvero, nel baratro, è proprio quello di continuare a percorrere la nostra attuale strada, quella fatta appunto di cessioni di sovranità, vincoli esterni, austerità, pareggio di bilancio e via strozzinando.

Queste decisioni non sono più procrastinabili. Dovevano essere prese ieri, ma ci possiamo accontentare anche di domani. Ma che sia domani, appunto. Perché questo sarà anche il tempo dell’unità, della solidarietà e degli abbracci (no, quelli magari no), insomma, non sarà questo il tempo dei processi. Ma questi processi, sia chiaro, dovranno venire, prima o poi. E le sentenze dovranno essere severissime.

Valerio Benedetti

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