Coronavirus, Renato Farina su Fontana e Zaia: “Onore ai generali del Nord. Li sfottevano, invece avevano ragione loro”
La mascherina in tivù? Aveva mille volte ragione Fontana, il contagio è un flagello, se non fai di tutto per evitarne la diffusione sei un irresponsabile, anzi proprio uno stronzo. I topi mangiati vivi in Cina? Ben detto, Zaia. Ti sei scusato per ragioni di Stato, ma era voce dal sen sfuggita e veritiera. Deve essere chiaro a tutti, che noi siamo i contagiati e non gli untori, e siamo i più bravi di tutti nel dare indicazioni al mondo di cosa si deve e non si deve fare. E di come si comportano i leader. Ecco questo è il punto: non proprio i leader nazionali, ma quelli regionali, che pure governano popolazioni (10 milioni + 5 milioni) più numerose di Svizzera, Norvegia, Olanda e Finlandia. Sono stati intrepidi nel mettersi contro corrente, coraggiosi, onesti. Non come chi prima ha occultato il pericolo (Pechino) e poi ha nascosto l’origine del focolaio europeo che pure aveva in casa e l’aveva colpevolmente lasciato trasferire a Codogno (Berlino). (Su Roma stendiamo un velo, incapaci anche di fare i furbi).
Non stiamo esagerando su Attilio Fontana e Luca Zaia, che non sono eroi solitari ma hanno le loro squadre. Oggi l’Organizzazione mondiale della sanità applaude l’Italia, ma lo si deve a quei due. Sono stati trattati come allarmisti, perché hanno raccolto dati a tappeto per individuare le culle dove il Covid-19 organizzava le proprie casematte. Sono stati per questo brutalizzati. Prima come razzisti. Poi li hanno tacciati di essere fessi e pure traditori degli interessi supremi del Paese, danneggiando l’export del Paese e del turismo per troppa sincerità. Gli avversari non sono stati diretti in questa accusa, si vergognano, ma gratta gratta, questa è la sostanza. È così sbagliato mettere prima la sostanza della salute di un essere umano, sia pure di 90 anni, rispetto alla tutela di redditi di cui da morto non puoi godere?
Ovvio che tutto si tiene, e se l’economia non si muove, e le ditte falliscono, occorre trovare l’antivirus anche per quello, e Lombardia e Veneto non hanno bisogno di andare alle scuole serali per saperlo. Ma accidenti: esiste la cronologia dei pericoli. Se nella impresa di catering si ammalano tutti, non si lavora comunque, e si muore pure. Meglio non lavorare conservando la salute che non lavorare perché si è defunti.
SACRIFICI NECESSARI
A chi ha dato degli ignoranti ai due, risponde un tweet di Zaia, che dice come dal sacrificio di alcuni possa venire il bene per molti: «#CORONAVIRUS / Due settimane fa sono stato criticato per aver voluto sottoporre a tampone una intera comunità, quella di Vo’ Euganeo. Ora quei tamponi si rivelano grande esperimento scientifico, un bacino di dati a disposizione come “case history”». Lo stesso vale per la zone rosse lombarde. Era accaduto che si erano individuate in provincia di Padova e di Lodi persone ammalate di Covid-19, da parte di medici con un’intuizione eccezionale: perché lì non dovevano esserci, Roma lo riteneva impossibile. E i governatori avevano preso la cosa sul serio. Tutti “tamponati”. E così oggi dopo quindici giorni medici ricercatori, tornando a verificare cosa sia accaduto, possono curare gli infetti e studiare l’evoluzione di questo nemico dell’intera umanità. Un seme di autentica scienza favorita dalla politica. Si salveranno vite, non solo adesso e qui, ma in futuro e nel resto del mondo. Fa’ proprio così schifo questa evidenza? Niente da fare. Uno come Marco Travaglio definisce ancora così: «i due cabarettisti».
E IL QUIRINALE?
Nessun monumento, neanche una statuina, per carità, per i due generali del Nord. La guerra è in corso e ci sono dei morti. Però un cenno di grazie con il capo lo meriterebbero, dal governo e magari anche dal Quirinale (e non escludiamo affatto ci sia stato in queste ore). E che fanno invece i giornali (un tempo) dominanti? Si sono sdilinquiti in elogi di Beppe Sala, sindaco di Milano per le sue belle parole che hanno incoraggiato a resistere, accompagnate da pessimi gesti che hanno incoraggiato il virus ad espandersi allegramente con i brindisi della movida, per fortuna andata deserta. Non ci sentiamo interpreti di un tifo politico: quando c’è di mezzo la pelle, non c’è fedeltà di schieramento che tenga, ma esprimiamo un sentimento popolare di fiducia verso i governatori che tiene insieme, tra preoccupazioni e paure, i popoli lombardo-veneti che li hanno votati a stragrande maggioranza. Ecco: non si sono sbagliati. Non hanno mai cercato di guadagnare facile popolarità, come inopinatamente ha fatto Beppe Sala invitando Nicola Zingaretti a bere un aperitivo sui Navigli, un atto di leggerezza irresponsabile, come stiamo constatando tutti.
IMPEGNO CIVICO
Fontana e Zaia li vediamo (non troppo) in tivù. Nessuna posa da condottiero con la corazza né maglione da protezione civile del dì di festa. Attilio Fontana e Luca Zaia non hanno ambizione di passare alla storia, gli basta far bene il loro mestiere, che oggi è il più difficile del mondo, perché stai lì, tu Attilio, tu Luca, proprio in quell’ufficio, in quel palazzo, in mezzo alla tua gente, che sta in pena e ti guarda, ti interroga, ti giudicherà. Tu sei lì e non a Roma. Ci sono i tuoi cari in mezzo alla folla diradata che scorgi dall’alto. Sei al centro di un campo di battaglia che non puoi permetterti sia quello di Waterloo. L’impegno è civico e morale. C’è da decidere, proteggendo oggi la salute dei loro cittadini così da dargli modo – spazzata via la bestia microscopica – di ricominciare a tessere la meravigliosa tela del lavoro e della prosperità. Questo l’obiettivo che i due governatori si prefiggono per le loro due regioni. Ma che riguarda l’Italia intera, che – piaccia o no – in buona parte si regge sulle loro spalle.
FRONTE INTERNO
Il contagio da Coronavirus si espande anche in queste ore, sia pure attenuando il suo ritmo. La Lombardia in pratica si comporta come una zona rossa, il Veneto quasi. Pertanto, c’è da combattere. Ce n’è però un’altra di guerra: ed è quella innescata sul fronte interno da chi la sta conducendo contro questi due, intesi come qualcosa di più delle loro persone. C’è il desiderio di squalificare un metodo e un sentimento della vita, che i mediocri non si aspettavano emergesse proprio qui. Ma certo. Chiedetelo a Conte e a Zingaretti, espressione di M5S e Pd tiberini. Per questi tali, Milano e Padova, Brescia e Vicenza sono città dove contano solo i danée e gli schei. E loro quelli che stanno con i deboli e i poveri.
Invece (2 febbraio) Fontana e Zaia (con Massimiliano Fedriga, Friuli-Venezia Giulia), alla testa di due regioni che da sole valgono un terzo del Pil di tutte le venti consorelle, sono corsi a Roma subito, per dire di mettere al primo posto la salute e subito dopo l’economia e la diplomazia. Prima tutelare gli inermi dal contagio. Pertanto, al primo segnale serio giunto dall’Oms di possibile epidemia, hanno chiesto: si lascino a casa, monitorati e curati, i bambini gialli o bianchi che rientrano dalla Cina. È tutela per le famiglie e per i compagni di scuola e gli insegnanti. Niente da fare. Si sono travati davanti un governo compattissimo nella sordità e nella cecità. Prima l’antifascismo, prima la via della seta, anche se è infetta, che importa. Per Conte, Di Maio e – purtroppo – per il Quirinale la prima cosa non è stata destare un minimo di allarme, ma disinnescare la protesta cinese, tagliare le unghie ai governatori leghisti e perciò stesso razzisti. Il «vero antivirus» (Corriere della Sera) è quello di baciare cinesi e mangiare riso alla cantonese. Come no? Anche i topi vivi, magari.
Da allora la realtà si è incaricata di dar ragione ai due. Niente da fare. L’odio ideologico o l’amor del proprio ombelico sputtanato dettano legge tra i minchioni, e si susseguono imboscate giornalistiche e politiche. Non c’è contestazione scientifica, ma dileggio da cozze pelose. La sassaiola continua. Vediamo in azione i due. Fontana allarmato per un caso di positività all’ospedale di Codogno ha osato l’inosabile, ha scelto di sapere e che si sapesse. Trasparenza. Sapere. La Milano che ha accolto Leonardo e ha inventato il Politecnico non è oscurantista. In questo frangente Fontana ha indossato la mascherina. Si è mostrato pubblicamente, senza vergogna, ristretto nella sua libertà di movimento e di rapporti con gli altri. Si è installato un lettino in una stanza sopra l’ufficio al 33 piano. E i propri cari separati. Si fa così! Chiunque tu sia, se entri in contatto con un contagiato, accetti di startene legato. Insieme a questo gesto responsabile ha la pura verità. Che questo virus è un’influenza molto più aggressiva, ma non è la peste. Si guarisce nel 97 per cento dei casi. È stato accusato di essere contraddittorio. Invece la sua sintesi è perfetta. Il Corona rispetto alle forme precedenti di virus da cui discende è molto più aggressivo, si espande. In un 15 per cento dei casi provoca polmoniti, e in soggetti fragili questo può essere letale.
SISTEMA EFFICIENTE
Da qui la scelta politica lungimirante da subito: rallentare il più possibile la diffusione del Covid-19 per non mandare in tilt il sistema sanitario lombardo e di seguito quello nazionale. Il quale infatti ha retto e sta reggendo. Dove i pazienti respirano con il tubo, in terapia intensiva, e oggi sono tanti, occorre ci sia un infermiere che vigili. E questo sistema tiene! Non c’ è nessuno che sia stato scartato. Che non sia stato attaccato alla macchina. E di questo va dato merito a Formigoni, che ha creato un’eccellenza diffusa e ordinata. Terrà ancora questa rete ospedaliera? Si sono acquisite attrezzature. Ora si capisce meglio. L’esigenza di tenere pazientemente le attività pubbliche ferme, è in funzione di questo prendere tempo alla Bestia, così che noi ci si rafforzi, e lei si indebolisca.
Hanno cercato di impiccare, e tuttora insistono, Fontana alla mascherina e Zaia ai topi mangiati vivi dai cinesi. Ormai hanno marchiato i due generali del Nord con questi emblemi per riderne. Sono state al contrario due comunicazioni perfette, hanno fatto bene a questo Paese e alla lunga saranno la nostra arma per tutelare la nostra immagine e il nostro export nel mondo. Scriveranno il De bello Coronaviro (per Di Maio: Sulla guerra al Coronavirus) come Cesare dopo l’impresa di Gallia? Piano. La faccenda non sarà breve. Come in ogni guerra ci sono e ci saranno morti. Poi c’è il dopoguerra, la rinascita. Noi ci candidiamo a pubblicarlo.