Coronavirus, le femministe ignorano i divieti. “Il 9 marzo manifestiamo lo stesso”
Roma, 6 mar – Ubi maior – in questo caso il coronavirus – cessano gli scioperi. Uno degli effetti delle limitazioni messe in atto in seguito all’epidemia l’hanno subito le simpatiche femministe di Non una di meno: la Commissione di garanzia, infatti, ha revocato lo sciopero del 9 marzo, lanciato, per l’appunto, da Non Una Di Meno, nella cornice dello sciopero femminista globale al quale avevano aderito Usb, Cobas, Cub, Slai Cobas, Usi, Unicobas, Usi-Cit, e diverse strutture regionali della Cgil.
Spiega a il Manifesto Giovanni Pino, capo di gabinetto della Commissione: «Capisco che da un punto di vista razionale la misura non suona, ma formalmente siamo nel pieno rispetto delle regole e la ratio che ha animato la decisione è l’esigenza di evitare complicazioni nella gestione pubblica dell’epidemia». Che tradotto: abbiamo già abbastanza problemi e mezza Italia ferma senza che le femministe debbano fermarne l’altra metà per uno sciopero.
Non una di meno da quell’orecchio non ci vuole proprio sentire: l’affermazione dei diritti varrà bene il rischio di un assembramento di decine di migliaia di persone senza alcun controllo in tutte le città d’Italia, no? In piena emergenza coronavirus, quindi le femministe protestano con questo comunicato: La Commissione di Garanzia vieta lo sciopero femminista del 9 marzo. L’8 e il 9 marzo lo strumento dello sciopero ci viene sottratto ma, nonostante l’impossibilità di astensione dal lavoro salariato, non rinunceremo affatto a occupare le strade e le piazze in tutte le forme che saranno possibili, in comunicazione transnazionale con ogni lotta femminista, con tutta la fantasia e la moltiplicazione di pratiche e linguaggi di cui siamo capaci.
La richiesta della Commissione, formalmente non è un vero divieto, ma prevede l’adozione di misure disciplinari verso singoli lavoratori o o sigle che decidano di non uniformarsi a quanto disposto. Anche per questo motivo nel mondo sindacale fioccano preoccupazioni e malumori. «Siamo un paese infetto, è vero. Ma il virus in circolazione è la dittatura del mercato, la forma moderna del fascismo» si legge nella nota di Usb che accompagna la revoca dello sciopero.
Cristina Gauri