Così un turista su tre non verrà più in Italia Settore verso il collasso
«Le nostre imprese rischiano nel prossimo trimestre di vedere, per i soli viaggi in Italia, circa 22 milioni di presenze in meno con una perdita di spesa di 2,7 miliardi di euro».
Il presidente di Confturismo Confcommercio, Luca Patanè, ha presentato così lo scenario drammatico del comparto turistico italiano, chiedendo al governo di attivarsi «per fare cessare il linciaggio mediatico di cui siamo vittime e bloccare provvedimenti assurdi di restrizione all’ingresso degli italiani in altri Stati, che riteniamo francamente spropositati e inappropriati».
La previsione allarmante si basa sui risultati di un’indagine condotta tra il 18 e il 20 febbraio da Confturismo con Swg su un campione di 1.000 italiani: il 20% dichiarava che avrebbe annullato o cambiato la destinazione dei viaggi previsti per timore del coronavirus, mentre il 27% avrebbe preso solo delle precauzioni in viaggio senza però effettuare alcun cambiamento. La medesima indagine ripetuta a distanza di 3 giorni, dopo la diffusione delle notizie sui casi italiani e sui primi provvedimenti restrittivi in Lombardia e Veneto, dimostra come i primi passino al 36% e i secondi al 31%, mentre crolla dal 44% al 21% la percentuale di coloro che dichiarano che non intendono modificare in alcun modo le proprie abitudini di vacanza.
Basti pensare che un’analisi condotta da Bankitalia sul settore turistico ha evidenziato come il numero di viaggiatori stranieri nel nostro Paese per motivi non legati al business abbia toccato nel 2017 quota 75 milioni dei quali 39 milioni per vacanze. Lo spettro del coronavirus rischia di cancellare di botto circa un terzo del totale e quasi la metà dei turisti in senso stretto. Senza contare che il turismo straniero vale circa 34 miliardi di euro e, dunque, ha un peso notevole sia in termini di Pil che di bilancia commerciale. Il dato preoccupante, che emerge dal report di Bankitalia, è anche il fatto che i tre principali acquirenti di pacchetti turistici italiani provengano nell’ordine da Germania, Stati Uniti e Francia, ossia due Paesi dell’area euro che hanno problemi di epidemia di coronavirus e uno stato che sta consigliando ai propri cittadini di non recarsi in Italia se non strettamente necessario.
D’altronde, anche Assoturismo-Confesercenti aveva sottolineato come «in meno di una settimana alberghi, b&b e agenzie di viaggio hanno già visto andare in fumo 200 milioni di euro di prenotazioni per il mese di marzo» invocando misure straordinarie per un settore che vale il 13% circa del Pil italiano – rischia di affondare. La cifra, ricorda l’associazione, riguarda solo i valori di viaggi e sistemazioni cancellati, e non include la mancata spesa turistica dei viaggiatori, che avrà pesanti ricadute anche su guide e trasporti turistici, oltre che bar, ristoranti e attività commerciali in tutta Italia. Ad essere investite dalle disdette, infatti, non sono solo le attività ricettive delle regioni interessate dai focolai: a Roma si registrano picchi di cancellazioni del 90% delle prenotazioni, dell’80% in Sicilia.
Ecco perché Confcommercio ha chiesto al governo di varare misure che «tengano adeguatamente conto, in termini di dotazioni finanziarie, della pervasività della crisi economica causata dall’emergenza». Occorre «ricostruire fiducia e rimettere in moto il Paese e servirà che anche l’Ue faccia la sua parte».
il giornale.it