Hong Kong, positivo il primo cane
I cinesi hanno messo in quarantena il cane di un uomo malato di Coronavirus a Hong Kong. La notizia è mitigata dalle stesse autorità che parlano di un test «lievemente positivo» e avanzano l’ipotesi di una «contaminazione ambientale della bocca e del naso del cane».
I cinesi, che ce ne hanno raccontate di ogni, potevano evitarci questo ulteriore scoop. E speriamo che la tronchino qua e non facciano ulteriori casini. Basta pensare alle loro «tradizioni curative» con le squame di pangolino, la bile d’orso, i corni di rinoceronte, i cervelli di scimmia mangiati crudi, che, ogni tot di tempo, fanno nascere, proprio a causa di questa loro promiscuità con animali selvatici e domestici, il Moloch che in effetti prima o poi potrebbe mettere il mondo in serissime difficoltà.
Ma non è certo il caso di questo Coronavirus che, come prudentemente va affermando da giorni la collega veterinaria e insigne virologa Ilaria Capua, è responsabile di una forma simil influenzale sicuramente molto contagiosa ma altrettanto sicuramente sopravvalutata. Non sono mai stato in Cina, ma ho una cara amica che ha vissuto cinque anni tra Cina, Thailandia e Corea del Sud per ragioni di lavoro e ha potuto vedere con i propri occhi i famosi mercati all’aperto e quel che vi accade. Dai più lontani villaggi arrivano, in un dato giorno, gruppi di persone che trasportano con i mezzi più rudimentali gabbie e recinti dove vi è stipato di tutto e dove i versi degli zibetti si confondono con quelli delle scimmie, degli uccelli e dei pipistrelli. Dentro cassette a parte ci sono diverse specie di rettili. Tutti animali vivi naturalmente, in attesa di essere venduti e talvolta mangiati sul posto. Crudi. Il caos è indescrivibile, mentre descrivibili e immaginabili sono le condizioni igieniche. Passando in mezzo al mercato si vede e si sente di tutto e bisogna avere uno stomaco ben temprato per non fuggire. L’unico problema è avere i soldi. «Se hai i soldi, preferibilmente dollari – mi dice la mia amica – puoi fare tagliare la testa a una scimmietta e sorbirti il cervello crudo sul ciglio della strada». Ovvio che il rimescolamento quotidiano di migliaia di virus provenienti da animali diversi, spesso mangiati crudi, prima o poi crea l’overspilling, il salto di specie, infettando animali diversi dal serbatoio d’origine e, alla fine della catena, l’uomo. Per fortuna ora hanno vietato di mangiare animali selvatici e forse il divieto si estenderà a cani e gatti.
Poi, se vogliamo andare a caccia di Coronavirus negli animali, gatto e cane compresi, li troviamo, perché nel mondo animale questo tipo di virus è estremamente diffuso. Ma non si tratta dell’attuala COVID-19. L’Associazione Mondiale dei Veterinari è stata lapidaria ieri: «Sollecitate i proprietari a non lasciarsi prendere dal panico perché cani e gatti non trasmettono il virus». Fidatevi di loro, pur mantenendo buone norme igieniche.
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