Gli esperti si preparano anche al peggio Ospedali da campo in caso di pandemia
La Lombardia conclude la sua settimana più lunga: quella dei bollettini medici da brividi, dei piani di emergenza da film di fantascienza, delle quarantene e dei coprifuoco.
Ora passa alla fase due dell’attacco al coronavirus. Cioè metodo più snello per i tamponi e preparativi (sia chiaro, sulla carta) all’ipotesi pandemia. Ovviamente le istituzioni puntano a non arrivare all’allarme rosso e cercano di contenere il contagio mitigando anche la sensazione di pericolo tra le persone. Ma da questa storia abbiamo imparato una cosa: non escludere i colpi di scena. Quindi, almeno in teoria, ci si prepara al peggio. Cioè alla pianificazione degli ospedali da campo, delle brandine e delle postazioni letto per gli isolamenti, per cui la Protezione civile ha già individuato i luoghi. Tutto questo nel caso (al momento remoto) in cui non dovessero più bastare i letti dei reparti di terapia intensiva: 4mila posti in tutta Italia distribuiti in circa 500 ospedali, e un centinaio in Lombardia. «Non si sta rinunciando al contenimento, ma si sta correggendo il tiro su alcune iniziative che hanno avuto effetti economici. E ci stiamo preparando alla fase due, quella rivolta più alla mitigazione» spiega Fabrizio Pregliasco, virologo dell’Università degli Studi di Milano. «Innanzitutto ci vuole ancora una settimana per capire se le misure prese allo scopo di ridurre la frequenza dei contatti hanno dato risultati positivi. A mio avviso sì – sostiene – Il contenimento non è una scienza esatta e quindi è normale rivedere alcune misure, come quella dei musei che ora sono stati riaperti con però l’intenzione di contingentare gli ingressi per evitare affollamenti. Allo stesso tempo, visto che siamo in effetti entrati in una nuova fase, in cui non possiamo escludere un’eventuale pandemia, stiamo lavorando al piano B che è quello rivolto alla mitigazione: dalla preparazione dei reparti di terapia intensiva alla predisposizione di ospedali da campo. In caso di pandemia, l’opzione migliore che avremo sarà quella di adottare misure in grado di diluire i contagi e spalmarli in tempi diversi: se il virus colpirà il 20-30 per cento della popolazione sarà meglio non dover affrontare tutti i contagi insieme».
Il picco dei contagi, sostengono tutti i virologi, deve ancora arrivare, quindi è fondamentale diluire gli accessi negli ospedali perché non si esauriscano i posti e oliare il meccanismo dell’assistenza a domicilio per i casi meno gravi.
«Oggi stiamo vedendo i risultati di ciò che è accaduto sette-dieci giorni fa. Nel frattempo i contatti tra le persone si sono moltiplicati e quindi c’è da aspettarsi un aumento dei casi, non perché l’infezione è fuori controllo ma perché stiamo ancora accumulando casi del passato» spiega il direttore del laboratorio di Microbiologia e virologia dell’Università di Padova Andrea Crisanti. Che, ipotizzando scenari più critici sostiene: «Se tra una decina di giorni i casi non diminuiranno, le autorità nazionali dovranno pensare di modificare le misure di contenimento e controllo».
MaS