Primi contagi tra i bambini. Immunodepressi a rischio
Fino a ieri era stato detto che i bambini erano immuni. Non si sa perché, ma in qualche modo impermeabili al virus. E in un certo senso ci sentivamo tutti più tranquilli.
Ora arrivano i numeri dei primi contagiati (6 in Lombardia e uno a Padova) e le cose cambiano. I pazienti hanno tra i 4 e i 15 anni, la maggior parte accusa una forma lieve. Ma sono bambini. E non eravamo esattamente pronti a gestire anche questo colpo.
I medici corrono subito ai ripari e specificano che non si è mai verificato nessun caso di morte sotto i dieci anni. La (scarsissima) letteratura medica sul coronavirus parla solo di uno 0,2% dei decessi tra i 10 e i 19 anni. D’accordo, ma vallo a dire a quello 0,2% di famiglie.
Liliana, mamma di una bambina diabetica, ha i polsi che le tremano al solo pensiero. «Dicono che il coronavirus si presenti solo come un forte raffreddore nei bambini – commenta – Ma cosa accade per quelli immunodepressi o che già fanno i conti con patologie croniche? Se mia figlia si dovesse infettare sarebbe un problema. Per cui chiedo a tutti molta serietà, come finora si sta facendo, per applicare le misure anti contagio. Dobbiamo proteggere i soggetti più deboli e soprattutto sappiamo ancora troppo poco sul virus».
Senza alimentare allarmismi immotivati, anche i pediatri consigliano di mantenere alta la guardia: «L’andamento dell’infezione nei bambini sembra meno grave – spiega Susanna Esposito, presidente dell’associazione mondiale per le malattie infettive e i disordini immunologici – Ma c’è una quota di bambini, pari al 20%, che ha una patologia cronica, come l’asma bronchiale, la fibrosi cistica, oppure una immunodepressione dovuta a cause diverse. In questi casi l’allerta sanitaria deve essere elevata e bisogna far sì che il paziente pediatrico sia comunque ricoverato, perché non è noto quale sia il rischio di complicanze in queste categorie». Giuseppe Di Mauro, presidente della Sipps, società italiana di pediatria preventiva e sociale, spiega che il contagio tra i bambini va evitato per vari motivi, non solo per la loro salute. «Possono esserci bambini che avvertono sintomi di influenza da coronavirus in modo lieve o addirittura asintomatico – spiega – ma attenzione perché sono comunque portatori. Per loro ci dobbiamo preoccupare non tanto dal punto di vista patologico ma della diffusione del virus».
Considerando che molti bambini, a scuole chiuse, passano la giornata con i nonni, è importante che non siano un veicolo di contagio per proteggere anche gli over 70, al momento i più colpiti.
Emilio Fossali, presidente della fondazione De Marchi di Milano, consiglia come prima cosa di evitare di portare negli studi dei pediatri i bambini con i sintomi sospetti (anche se trovare un pediatra che visiti a domicilio è un’impresa non affatto facile). Ma, a tutti quelli che declassano il virus dicendo che «è poco più di un’influenza», Fossali dice chiaramente: «Guardate che anche l’influenza causa problemi gravi, soprattutto nei bambini immunodepressi. Le misure che si stanno adottando per il coronavirus (isolamento, intubazione) andrebbero assicurate tutto l’anno anche a chi presenta forme gravi di influenza. Dai bambini agli anziani. Leggendo tutto quello che si dice in questi giorni sulle percentuali e le categorie colpite dall’infezione, vorrei dire che le terapie intensive andrebbero assicurate anche a un anziano. Anche lui a diritto a sopravvivere alla sua influenza grave. Questa emergenza, insomma, può essere l’occasione perché ci si attrezzi per assicurare una maxi assistenza. Non solo ora ma anche in futuro».
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