Bombole e farmaci a domicilio: ora l’Italia pensa a un “piano B”
L’obiettivo è quello di evitare un contagio totale. Ridurre al minimo i rischi. Ma la paura è tanta. C’è lo spettro di un’epidemia che potrebbe mettere a dura prova il sistema sanitario nazionale.
Non a caso, per difendersi dal virus cinese, il governo valuta anche un piano di cure a domicilio. Bombole d’ossigeno e farmaci direttamente a casa del malato. Così, come se si trattasse di cibo take away. Terapie d’urgenza sul posto direttamente nelle abitazioni dei contagiati. L’obiettivo, come detto, è ridurre al minimo i rischi.
L’incubo di una pandemia arriva davanti agli occhi del premier nella giornata di ieri. Giornata pesante in cui esplode il numero di contagiati da Coronavirus. L’Italia non è la Cina. Qui le decisioni vengono prese con collegialità. È il bello o il brutto della democrazia. Non è Pechino dove il partito unico può decidere in un secondo di bloccare una intera provincia, Hubei, in cui vivono 57 milioni di persone. Epicentro del male.
Nella sede della protezione civile, il presidente del Consiglio sente subito il peso di una responsabilità che mai avrebbe voluto avere. Coprifuoco. Posti di blocco. Poi l’esercito chiamato a garanzia del divieto di entrata e uscita nelle zone colpite. Eventuale stop alla circolazione dei treni, quarantena obbligatoria per tutte le persone di ritorno dalla Cina più un questionario per conoscere gli spostamenti dei viaggiatori negli ultimi giorni. Ogni decisione che è stata valutata e messa sul tavolo potrebbe essere dirompente.
Fino a qualche giorno fa, a Conte e al ministro della Salute, Roberto Speranza, era toccato difendersi dalle grane diplomatiche con Pechino e da chi lo accusava di aver esagerato a bloccare i voli per o dal Paese asiatico. Ora invece si trova a dover giustificare di non aver ordinato la quarantena per chi è di ritorno dalla Cina, anche attraverso uno scalo, e di averlo fatto solo l’altro ieri con l’ordinanza del ministero, quando ormai l’infezione si era diffusa.
Di ora in ora però il pensiero del premier e di tutti i membri del governo si restringe su quali misure di contenimento adottare. E quanto restrittive. La linea della ministra dei Trasporti, Paola De Micheli, è quella di sigillare subito l’area dei focolai. Il timore è che dopo Lombardia, Piemonte e Veneto, il Covid-19 possa dilagare nel resto del Paese. E che il numero aumenti a tal punto da rendere insufficienti le strumentazioni sanitarie in ospedale. Soprattutto nel caso servissero forniture per intubare i pazienti in gravi crisi respiratorie. Il governo avrebbe chiesto all’Unione europea un piano comunitario per la gestione della crisi. Da Bruxelles sono arrivate parole di vicinanza. Si stanno disegnando tutti gli scenari possibili.
Nessun allarmismo per ora. Ma se dovesse essere necessario si potrebbe anche approntare una terapia d’urgenza a domicilio con bombole e altro materiale sanitario direttamente nelle case dei contagiati. Nonostante la richiesta del governatore del Friuli Venezia Giulia, Massimiliano Fedriga, Conte ha escluso per il momento di prevedere controlli anche sui confini terrestri, ma ha garantito un approfondimento. “La sospensione di Schengen al momento non è necessaria”, fa sapere. “Sarebbe una misura sproporzionata che tra l’altro avrebbe un impatto devastante sulla nostra economia”. Se il Coronavirus dovesse estendersi oltre, sono pronte altre misure restrittive. Non resta che attendere l’evoluzione dei fatti. E sperare.
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