Conte pronto a tutto per restare a palazzo E sogna il Quirinale
Dicono che Giuseppe Conte sia pronto a tutto per non interrompere il suo soggiorno nella stanza dei bottoni. E non è solo attaccamento alla poltrona di presidente del Consiglio, già dimostrato con la giravolta del Conte bis.
E nemmeno passione per agi come la vista dal terzo piano di Palazzo Chigi (tra l’altro a Firenze aveva uno studio con un panorama strepitoso). Dicono che l’avvocato covi un sogno apparentemente impossibile per uno il cui nome fino a tre anni fa non era mai comparso sulle pagine di un quotidiano. Un sogno con vista Colle.
Chi frequenta gli ambienti pentastellati che contano, sostiene che a gonfiare l’ego del premier sia Rocco Casalino, voce ascoltatissima da Conte, vista anche l’abilità con cui il portavoce andato, con la benedizione di Casaleggio, ad «addestrare» l’inesperto (politicamente) avvocato, è riuscito a cucirgli addosso una credibilità istituzionale premiata dai sondaggi, che lo vedono ancora al primo posto, con un 40%, nella graduatoria del gradimento dei leader. La strategia di Conte, vista anche la caduta a precipizio del consenso per i 5S, passa innanzitutto per un lungo lavoro di corteggiamento del Pd. Sirene che i dem, disorientati come sono, hanno finito con l’ascoltare al punto che Nicola Zingaretti ha parlato di Conte come di un «riferimento per i progressisti».
Che il sogno quirinalizio abbia una qualche credibilità o meno, una cosa è certa: per avere una qualche chance, la legislatura deve durare, a costo di inventarsi non solo un Conte ter ma anche quater e quinquies. Ed ecco perché, nel momento di crisi in cui sembrava che Renzi stesse per aumentare la potenza delle scosse impresse all’albero del governo fino al punto di rottura, si è intensificata l’opera di ricerca dei «responsabili» pronti a sostituire Italia viva nella maggioranza. Renzi ha ritracciato, ma nessuno tra Pd e M5s si illude che l’attacco non riprenda. Ecco perché si è lavorato a possibili alternativa. Quella che piace al Pd: prendere all’amo un numero minimo di renziani al Senato, dove Italia viva è decisiva: si parla di sei nomi. I nomi di alcuni papabili, quelli più contrari allo strappo renziano, circolano da due giorni: Donatella Conzatti, Giuseppe Cucca, Gelsomina Vono, Eugenio Comincini, Mauro Maria Marino e Annamaria Parente. L’altra via, per ora impervia, quella dei responsabili da sottrarre al centrodestra, viene smentita da molti parlamentari tirati in ballo nelle scorse ore, ma da qualcuno con meno convinzione.
Tra quelli che negano nettamente c’è il deputato centrista di Forza Italia Gianfranco Rotondi, che reclama la titolarità del brevetto dei responsabili: «Lo inventammo noi quando Berlusconi finì sotto attacco di presidente della Camera e presidente della Repubblica e cercammo parlamentari pronti a fermare quello che era a tutti gli effetti un golpe. Ma era una situazione straordinaria: oggi perché noi dovremmo sopperire al disagio renziano?». Rotondi non nega però di avere un dialogo che, sottolinea, è «solo culturale» con Conte. Di cui mette in evidenza l’agenda: «È quella di un moroteo: visite a imprenditori cattolici e la commemorazione di Fiorentino Sullo ad Avellino». Discorso quest’ultimo che ha colpito gli ex Dc. Lo ha celebrato anche Calogero Mannino con un articolo su Formiche. Basterà la benedizione democristiana per sognare il Colle?
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