Precipita la produzione nell’Italia giallorossa Mai così male dal 2013

Il governo giallorosso ha una crisi ben più pesante da affrontare rispetto al problema della prescrizione. È quella dell’industria che nel 2019 ha registrato un crollo della produzione dell’1,3% su base annua, un arretramento che non si vedeva dal 2013 nonché prima contrazione dal 2014.

La fotografia di questa devastazione è offerta dalla produzione di autoveicoli che l’anno scorso si è ridotta del 13,9%, mostrando un’involuzione preoccupante. Un effetto indotto anche dall’ecobonus su ibrido ed elettrico che ha danneggiato Fca, in ritardo su questo fronti.

Come ha ricordato Paolo Mameli, economista di Intesa Sanpaolo, l’indice dell’attività manifatturiera registra contrazioni da 16 mesi consecutivi e da febbraio in poi dovrebbe dispiegarsi l’effetto coronavirus, ritardando la ripresa. I numeri sono talmente drammatici da preoccupare l’esecutivo. «Serve uno sforzo immediato per invertire la tendenza», ha commentato il ministro dello Sviluppo, Stefano Patuanelli, che ha annunciato l’intenzione di recarsi sempre più spesso a Milano per essere vicino al cuore industriale del Paese.

Anche il ministero dell’Economia nella nota di commento ha lasciato intendere che non è più il caso di essere eccessivamente ottimisti. «L’economia internazionale dovrebbe riprendere il proprio slancio plausibilmente nel secondo trimestre dell’anno», si legge nella nota che rinvia le nuove previsioni alla presentazione del Def nel prossimo aprile. Il Centro studi Confindustria ha rilevato che la flessione congiunturale dello 0,3% del Pil nell’ultimo trimestre 2019 è da ascriversi per tre quarti proprio alla produzione industriale.

È chiaro che il sistema produttivo del Paese soffra, soprattutto, a causa di una crisi esogena determinata prima dalla crisi dei dazi e poi dall’epidemia del coronavirus, ma le responsabilità della politica sul fronte interno hanno il loro peso. L’Ufficio parlamentare di Bilancio ha, pertanto, tagliato le stime di crescita del Pil nel 2020 a +0,2% da +0,5. Nel 2021 si dovrebbe registrare un +0,7% ma sarà decisiva la disattivazione delle clausole di salvaguardia. Infatti l’aumento dell’Iva potrebbe deprimere il tasso di crescita tra lo 0,6% e lo 0,4.

L’Upb ha confermato l’effetto «neutrale» sul tasso di partecipazione al lavoro di quota 100 e reddito di cittadinanza. Il tasso di occupazione quest’anno dovrebbe restare «invariato», mentre nel 2021 dovrebbe flettere marginalmente. Insomma, l’Authority di derivazione europea sui conti pubblici sta prefigurando il solito richiamo di Bruxelles al rispetto al tetto del deficit/Pil (fissato all’1,8% quest’anno). Oggi non si può dare per scontata una manovra correttiva in corso d’anno: il diktat scompaginerebbe un esecutivo gradito alla Commissione Ue. Ma si può ipotizzare che Bruxelles imponga una severa revisione delle due misure bandiera di M5s e Lega. Il governo sta già pensando di rottamare in anticipo quota 100 anche se il vertice con i sindacati di ieri è stato interlocutorio.

Critiche le opposizioni. «Il Tassificio Conte colpisce ancora, con zero investimenti e il flop del reddito di cittadinanza si continuano a bruciare miliardi di euro senza intravedere crescita», ha commentato Fabio Rampelli (Fdi). «Il bilancio dello Stato va totalmente riscritto cancellando spese inutili e riducendo, con quei risparmi, la pressione fiscale», ha chiosato Mariastella Gelmini di Forza Italia.

il giornale.it

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