Ecco perché l’accoglienza è un business: in tre anni giro d’affari di oltre 11 miliardi
Roma – Le organizzazioni non governative risultano attori finanziari importanti nell’esecuzione del bilancio dell’Ue. La stima, effettuata dalla stessa Corte dei conti europea, istituzione terza rispetto a Commissione e Parlamento, ha valutato una movimentazione di denaro nell’ultimo triennio fiscale pari a 11,3 miliardi di euro.
A contribuire inoltre ad alimentare il flusso finanziario delle Ong in maniera altrettanto consistente sono proprio i Paesi fondatori dell’Unione. E l’Italia non fa certo eccezione. Anzi, stando all’ultimo consuntivo annuale, quello del 2018, le 115 Ong della nostra Penisola che hanno reso pubblici i propri rendiconti finanziari cumulano un introito che sfiora il miliardo: ben 943.716.087. Di quest’intero ammontare ben il 60% (vale a dire 566 milioni) arriva da donatori istituzionali, il restante 40% da privati.
E proprio soffermandoci sulla parte pubblica dei finanziamenti si scopre che la parte del leone, si fa per dire, la veste l’erario che versa oltre un terzo della torta: ben 210 milioni passano, a vario titolo, dallo Stato nelle casse delle Organizzazioni non governative. Buona parte arrivano dal ministero degli Esteri e dall’Aics, l’Agenzia pubblica della cooperazione, e il resto anche dal ministero dell’Interno. Nell’ultimo mese del 2019 ad esempio, il Viminale ha erogato ben 20 milioni per un progetto di cooperazione internazionale. Quanto al residuo, l’Europa contribuisce per il 28% alle organizzazioni italiane, le Nazioni Unite per l’11% e per il 20% la cooperazione decentrata. Quanto ai fondi privati invece, ossia quei 377,5 milioni restanti, il discorso è un po’ diverso. Sono costituiti per il 25% da partite di giro tra altre fondazioni, per il 30% da donazioni di aziende e solo per l’8% da donazioni ecclesiastiche. Qui l’attore più consistente è stato il cosiddetto 5X1000 (pari al 36,6%) che ha raccolto quasi 39 milioni almeno nel 2018. Volendo passare invece alla top ten della categoria troviamo al primo posto Save the Chiledren Italia con 113.169.865 euro, segue Itersos (69,7 milioni) e ancora la Fondazione Asvi (68,1) Unicef (63,4), Medici senza Frontiere (61,4) Coopi (61,3) Cisp (44,8), Emergency (41,8) infine, Medici con l’Africa (35,9). Ma si può fare anche un’ultima valutazione: il trend degli introiti negli ultimi 4 anni (ossia dal 2015) è cresciuto in maniera considerevole contando che proprio nel 2015 si attestava complessivamente sui 655,9 milioni. A incrementare le risorse economiche è stata la crescita di progetti pubblici messi a bando e il numero sempre in aumento delle cifre elargite.
E sempre di settore pubblico stiamo parlando. Soldi che sono stati impegnati dalle organizzazioni anche per mettere in piedi un esercito di cooperanti (oltre 3 mila in Italia oltre al migliaio di volontari in servizio civile) che percepiscono una retribuzione lorda annuale pari a 18 mila euro grazie, per lo più, a contratti atipici. Soltanto il 45% dei dipendenti all’interno dell’organizzazione è strutturato. Esplicitando invece le aree di intervento di queste realtà no profit si sa bene che la maggior parte di esse presta la loro opera fuori dai confini nazionali. In Africa soprattutto: Congo, Etiopia Kenia e Tanzania sono le mete più frequentate per progetti multipli e della durata per la maggior parte biennale. Seguono a ruota Camerun, Niger, Repubblica Centro Africana. In ultima istanza Mexico e Brasile.
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