La Gran Bretagna post Brexit vola: Pil e investimenti in crescita
Credo non si possa più ignorare il fatto che le previsioni catastrofiste, che raccontavano la maggioranza dei giornali, dei media e di certo autorevoli economisti di un immediato crollo dell’economia della Gran Britannia una volta uscita dall’euro, si stiano dimostrando clamorosamente sbagliate. Probabilmente in futuro le cose potrebbero anche cambiare, ma al momento l’economia britannica naviga tutt’altro che in cattive acque. Partiamo dagli indicatori economici più immediati: Gli investimenti esteri suolo di sua Maestà sono aumentati dell’11% nell’ultimo anno. Si aggiunga a questo che le vendite al dettaglio sono cresciute dell’1,4% a luglio (che vuol dire + 5,9% su base annua, numeri da boom economico), che le richieste di sussidio di disoccupazione sono scese di 8.600 unità, che la fiducia dei consumatori è aumentata del 5% nei mesi estivi, che l’indice dei direttori acquisiti (l’indice composito dell’attività manifatturiera di un Paese) è ai massimi da vent’anni a questa parte, che la Borsa di Londra è cresciuta del 10% dopo lo scivolone di giugno e che anche la sterlina è in forte recupero. Lo scorso 17 agosto, inoltre, l’agenzia di rating Moody’s (che prima del referendum aveva vaticinato revisioni al ribasso in caso di Brexit) ha scritto di non attendersi alcuna recessione, prevedendo anzi una crescita dell’1,5% quest’anno e dell’1,2% il prossimo anno, in entrambi i casi più di qualunque altro partner europeo.
Il tasso di disoccupazione è rimasto fermo al 4,9% nei tre mesi a luglio come atteso. Si tratta del livello più basso da agosto-ottobre 2005. Nei tre mesi a luglio, il totale dei disoccupati è risultato essere pari a 1,63 mln di unità (-39 mila rispetto al trimestre precedente e -190 mila rispetto allo stesso trimestre del 2015). Nello stesso periodo il numero degli occupati si è attestato a 31,77 mln di unità, salendo di 174 mila unità su trimestre e di 559 mila unità su anno. Infine, il tasso di crescita dei salari medi (esclusi i bonus) ha mostrato una variazione positiva del 2,1%, dal 2,3% del trimestre precedente e contro il 2,2% atteso. Includendo i bonus si è registrato invece un incremento del 2,3%, rispetto al 2,5% precedente ed al 2,1% del consensus. Subito dopo l’esito del referendum pro-Brexit, l’ex cancelliere Osborne aveva annunciato l’intenzione di abbassare la percentuale di tassazione alle imprese al 15% per mitigare l’effetto dell’addio all’Unione europea. Al momento la Gran Bretagna ha una corporate tax del 20%, che secondo il programma dovrebbe diminuire al 19% nell’aprile 2017, fino a scendere al 17% entro il 2020. Lo ha confermato Philip Hammond, Cancelliere allo scacchiere di Sua Maestà, durante il vertice Ecofin con i suoi colleghi europei. Insomma credo che per il momento la Gran Britannia abbia fatto bingo ad usciste dall’euro zona. Adesso credo che l’Italia debba fare una attenta valutazione sul rapporto con l’Europa perché credo sia arrivato il momento giusto per far sentire la nostra e recuperare quel rispetto e quella sovranità che merita il nostro Paese e che per troppi anni purtroppo i governi di sinistra hanno svenduto alle Cancellerie europee facendosi diventare di fatto il Paese spazzatura in Europa. www.IlGiornale.it