Conte prepara la stangata su negozi e redditi più alti
Tante proposte quanti sono i partiti di maggioranza e pochissimi soldi da spendere. Il vertice sulla riforma fiscale, il centro della «Fase 2» del governo guidato da Giuseppe Conte è servito al ministro dell’Economia Roberto Gualtieri per prendere nota ufficialmente delle diverse ricette sponsorizzate dai partiti di maggioranza, mentre alla Camera andava in scena il rush finale del Milleproroghe con un rinvio dell’esame dell’Aula per dissidi nella compagine governativa.
Ma quello al ministero dell’Economia non è stato solo un vertice interlocutorio. I dati emersi sono due.
Il primo è appunto l’incertezza sulle coperture. O meglio, l’assenza di reali spazi per finanziare qualunque modifica. Le risorse stanziate dalla Legge di Bilancio sono state utilizzate per il taglio del cuneo fiscale. Al momento il ministero dell’Economia non è in grado di prevedere se o in che misura l’Unione Europea concederà flessibilità, quindi spesa in deficit. Tutto fa quindi pensare che per rendere la riforma neutra dal punto di vista delle finanze pubbliche, il governo dovrà prendere le risorse da qualche parte. È ancora in campo la rimodulazione dell’Iva, concentrata su beni di lusso (o presunti tali). Oppure un sistema più «progressivo», che significa più tasse per i redditi più alti.
L’altro dato è quello che i partecipanti hanno chiamato il «minimo comune denominatore» tra i partiti presenti al vertice. Oltre al ministro c’era la viceministra Laura Castelli, la sottosegretaria Maria Cecilia Guerra e Luigi Marattin (di Italia Viva), il consigliere del ministro Marco Leonardi e il direttore dell’Agenzia delle Entrate, Ernesto Maria Ruffini.
Ognuno ha portato sul tavolo della trattativa la sua proposta. Ad esempio Guerra (Leu), la riforma che prevede una aliquota unica progressiva al posto di quelle a scaloni basate sugli scaglioni di reddito. Resta inteso più «progressiva» del sistema attuale. Poi La revisione delle detrazioni di Iv. Diverse posizioni su tutti i temi, tranne che sull’assegno unico familiare. Poi – e questa è una novità – misure per gli incapienti, cioè i redditi sotto la no tax area, cioè 8.130 euro all’anno, che non sono stati toccati né dagli 80 euro di Renzi né dal taglio del cuneo del governo Conte II. L’ipotesi più probabile è quella di un bonus di 80 euro. La delega arriverà comunque in tempi non brevi.
Per questo ieri la competizione tra i partiti di maggioranza sui temi fiscali si è concentrata sul Milleproroghe, decreto omnibus la cui conversione ieri si è inceppata per litigi nella maggioranza sulla prescrizione.
Sulla Plastic tax Italia Viva di Matteo Renzi, tramite l’economista Luigi Marattin aveva presentato un emendamento che mirava ad abolire il balzello su imballi in plastica e la sugar tax, imposta sulle bevande zuccherate.
Sulla proposta ci sarebbe stata una convergenza con le opposizioni di centrodestra, in primo luogo Forza Italia. Per evitare questo scenario in un periodo già complicato per la riforma della prescrizione, il governo ha assicurato ai renziani che rivedrà l’imposta sulla plastica. La posizione di Iv resta comunque per la abolizione. Si apre quindi un nuovo fronte nella maggioranza e un braccio di ferro che potrà essere vinto da uno dei contendenti: Iv o M5s.
Altro inciampo, quello sulla cedolare secca sugli affitti commerciali. Il governo, per bocca del sottosegretario all’Economia Anionio Misiani, ha detto no ad un proroga al 2020 dello sconto previsto per il 2019, promettendo un ritorno dal 2022. «Scelta gravissima», ha denunciato Confedilizia.
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