Maggioranza, il vertice è un flop. Conte fa l’equilibrista, ma il governo è spaccato su tutto
Ha voglia Conte a battere sul cronoprogramma, come se la sua maggioranza si fosse impantanata nei tempi delle cose da fare e non si stesse invece impiccando sul merito delle questioni. Che si parli di revoca delle concessioni autostradali, di prescrizione o di decreti sicurezza il risultato è sempre lo stesso: lacerazione. Il premier macina riunioni su riunioni, incontra e vede gente. Ma il suo motore gira a vuoto e le distanze restano siderali. I renziani non voglio la riforma Bonafede sulla prescrizione. Mentre il Pd ha il torcibudella ogni qualvolta il M5S parla di revocare le concessioni autostradali all’Atlantia dei Benetton. Per non parlare dei decreti sicurezza, nel mirino delle Sardine che ne invocano l’abolizione senza se e senza ma.
Conte alle prese con il rebus M5S
E, si sa, dopo lo scampato pericolo in Emilia Romagna, ogni qualvolta si parla di quei simpatici ragazzi Zingaretti batte i tacchi e scatta sugli attenti. Il caos giallo-rosso è talmente evidente che persino un bambino si accorgerebbe che a causarlo non sono certo i tempi. Solo Conte finge di credere che sia così. È il suo modo di fare melina. Del resto, non può fare altro. Il suo ostacolo più grande sono i Cinquestelle, ormai a rischio estinzione e perciò pericolosissimi. Con loro il premier si farà uno e trino: accontentarli sulla prescrizione, convincerli sulle concessioni, disattenderli sui decreti sicurezza.
L’asse Pd-premier
Insomma, un pregevole esercizio di cerchiobottismo da eseguire in complicità con il Pd. Non è un caso che Zingaretti abbia alzato la voce («il Pd non sarà mai subalterno») dopo che i grillini avevano alzato il muro su tutti e tre i provvedimenti. Di questo marasma, Conte si duole solo fino a un certo punto. Fin tanto che dura – pensa -, il suo ruolo di domatore gli assicura la permanenza a Palazzo Chigi. A condizione, beninteso, che i pentastellati non esplodano prima. E questa – sì – è solo una questione di tempo.