Lo Stato spende 27 milioni per far divertire gli immigrati
Per evitare che gli immigrati ospitati nei centri di accoglienza, assieme a quelli inseriti ancora nei percorsi di protezione per richiedenti asilo, si possano annoiare il Viminale ha provveduto mettendo a disposizione risorse fresche per allestire nuovi centri sportivi.
Dei fondi del Programma operativo nazionale per la legalità (Pon Legalità per gli addetti ai lavori), quindi, oltre 27,6 milioni (27.651.941 esattamente) allo scopo di ristrutturare spazi polifunzionali dedicati ad attività ricreative, formative, culturali e, in maggioranza, campi di calcio.
Ci vuole poco a rendersi conto dell’entità della torta che peraltro è devoluta esclusivamente alle regioni del Sud Italia. Abruzzo e Molise da soli si spartiscono una fetta di ben 4 milioni 588 mila euro, mentre il restante, va equamente a Campania, Puglia, Basilicata, Calabria e Sicilia. Tuttavia è nelle regioni del centro sud che più di qualche elargizione sembra davvero bizzarra come il finanziamento per riadeguare alcuni campi da calcio. E nessuno di questi è l’Olimpico o il Meazza o tantomeno il San Paolo, per non fare torto a nessuno. Il Comune di Sant’Agapito in provincia di Isernia, dove risiedono soltanto 1.468 anime, ha ricevuto dall’erario pubblico 500mila euro per i lavori del campo di calcio. È curiosa anche la posizione della cittadina che, sul massiccio del Matese, non vanta certo ampi spazi pianeggianti per mettere in piedi una grande struttura sportiva. Tuttavia la cifra dei 500mila euro se la aggiudicano anche il Comune di Vasto, in provincia di Chieti, che ostenta anche una polisportiva amatoriale locale. E il Comune di Gambatesa in provincia di Campobasso, anch’esso situato in collina e con meno di 1.400 residenti. Ma tant’è.
Evidentemente sull’Appennino, come peraltro negli uffici che fanno capo al dipartimento Asilo e immigrazione del ministero dell’Interno, i termini ripetuti di continuo, quasi come un mantra, sono integrazione, inclusione e aggregazione. E a questo servirebbero i cosiddetti centri polifunzionali con le ridondanti prospettive per la formazione e il coworking che, per la messa in attività il Comune di Guardiagrele (Chieti) si porta in cassa sempre 500 mila euro. Stessa cifra alla vicina Lentella, per la realizzazione del laboratorio di inclusione sociale. E non mancano gli spazi comunali per promuovere la cultura in regime di Sprar, come quelli di Palmoli (Chieti), malgrado lo scorso anno l’allora ministro dell’Interno Matteo Salvini avesse siglato una direttiva per abolire il servizio e mantenere l’erogazione dei fondi solo per strutture che avessero ospitato minori non accompagnati. Stessa solfa per la ristrutturazione, con 300 mila euro, di uno spazio multimediale per gli immigrati presenti a Roseto degli Abruzzi, nel Teramano. Analogo progetto per la cittadina di Castel del Giudice (Isernia) dove con 388 mila euro si intende realizzare uno spazio polifunzionale da destinare ai migranti per lo svolgimento di attività ricreative, istruttive e culturali.
Analizzando risorse e modalità di assegnazione per i progetti viene fuori che, alla prova dei fatti, gli Sprar (Servizi protezione richiedenti asilo e rifugiati) non sono mai stati revocati completamente. A questa attività, invece, sono stati ridotti i finanziamenti. Ma ai Comuni le risorse sono arrivate sotto altra veste e con la medesima periodicità. Restano forti dubbi sull’efficacia di quella spesa, cioè sulla reale idoneità dello sport a integrare persone con culture diverse all’interno di piccole comunità. Ecco il flop comprovato degli Sprar: quello dei richiedenti asilo, molti dei quali si vedono negato lo status e quindi «ricorrenti», che albergano in strutture autonome e case famiglia per qualche biennio rimanendo stretti alle comunità di origine. Carenti nella preparazione scolastica e privi della formazione idonea per accedere al mondo del lavoro. Eppure i Comuni che li avrebbero ospitati fino a oggi con i loro progetti ne hanno fatto un vanto.
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