Carola, buonista e impunita: “Il suo arresto era illegittimo”
L’arresto di Carola Rackete, la scorsa estate, era illegittimo ed è stato giusto rilasciarla subito grazie a una discussa ordinanza. Non lo affermano i talebani dell’accoglienza, che porterebbero mezza Africa in Europa, ma una sentenza della Corte di Cassazione aprendo la strada all’«impunità» per le Ong.
A fine giugno del 2019 la capitana tedesca se ne era fregata del divieto del Viminale di entrare in porto con la nave Sea Watch 3 carica di migranti. Non solo: pur di sbarcarli a ogni costo fece una manovra azzardata e pericolosa schiacciando contro il molo una motovedetta della Guardia di Finanza, che cercava di far rispettare la legge.
L’eroina dei talebani dell’accoglienza finì in manette e rimase agli arresti domiciliari per un paio di giorni, ma il 2 luglio la gip, Alessandra Vella, la fece scarcerare scatenando la reazione della Procura di Agrigento. Il procuratore capo Luigi Patronaggio e il sostituto Gloria Andreoli fecero ricorso in Cassazione pensando di demolire l’ordinanza Vella definendola «contraddittoria, errata e non adeguatamente motivata». Ieri la terza sezione penale della suprema Corte ha respinto il ricorso dando ragione alla gip che aveva escluso il reato di resistenza e violenza a nave da guerra contestato a Rackete, diventata nel frattempo un’eroina dei due mondi.
Ora bisognerà aspettare le motivazioni, ma la sentenza è un primo passo verso l’«impunità» dei talebani dell’accoglienza. Non caso la capitana tedesca ha subito dichiarato: «La Cassazione ha confermato oggi che non avrei dovuto essere arrestata a giugno per aver salvato delle vite. Questo è un verdetto importante per tutti gli attivisti impegnati nel salvataggio in mare! Nessuno dovrebbe essere perseguito perché aiuta le persone bisognose». In pratica, nel nome di un superiore diritto umanitario, le leggi degli Stati e le scelte politiche dei governi non contano di fronte ai migranti raccolti in mare dalle Ong. Per non parlare della sicurezza dell’equipaggio della motovedetta V.808, servitori dello Stato, finiti come in un tostapane fra il barcone della Ong tedesca Sea Watch e la banchina grazie alla manovra di Carola. L’aureola innocentista, che deriva dalla sentenza, rischia di riflettersi anche sull’esito del processo contro la capitana e la Ong oltranzista tedesca. L’avvocato Alessandro Gamberini, difensore di Rackete, ha messo le mani avanti dichiarando «che sarà importante leggere le motivazioni, ma l’esito (della Cassazione, nda) mi lascia ben sperare per il prosieguo del procedimento». Alla fine si rischia che finisca tutto in una bolla di sapone, dal punto di vista giudiziario, alimentando la convinzione delle Ong di poter fare quello che vogliono in nome dei migranti.
Matteo Salvini, allora ministro dell’Interno, ha commentato duramente la sentenza: «Per qualche giudice una signorina tedesca che ha rischiato di uccidere cinque militari italiani speronando la loro motovedetta non merita la galera, ma il ministro che ha bloccato sbarchi e traffico di esseri umani sì. Questa non è giustizia, questa è vergogna».
Nessuno voleva ammazzare i finanzieri, ma sicuramente se la sono vista brutta. E sostenere che non era giusto carcerare Carola risulterà incomprensibile per il personale coinvolto e le forze dell’ordine, che ogni giorno fanno il loro dovere.
Di opinione contraria la sinistra, ma la dichiarazione che fa accapponare la pelle è di Riccardo Magi, deputato di Radicali +Europa. Prima sostiene, grazie alla sentenza della Cassazione, che «Carola Rackete fu arrestata per aver salvato delle vite e compiuto una manovra dettata da uno stato di necessità ignorato dal governo». Poi si scatena e dichiara che la capitana «andava e va ancora ringraziata per avere forzato quel blocco illegittimo e inumano, purtroppo invece subì un osceno linciaggio mediatico». Talmente osceno che è stata trasformata in una «santa» dei migranti anche grazie ai media «innocentisti» con tanto di passerella in Rai da Fabio Fazio per alimentare l’aureola buonista. E adesso si sta conquistando l’«impunità».
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