Il nonno abusò della nipotina: 20 anni al genero che lo uccise

Una condanna di 20 anni al genero che il 25 febbraio scorso aveva freddato con quattro colpi di pistola il suocero, accusato di aver abusato sessualemente della nipotina.

Freddato dal genero in un parco giochi

Antonio Crisanti, di anni 63, era stato ucciso in un parco giochi davanti a un centro commerciale a Rozzano, comune in provincia di Milano. Il killer, il 35enne Emanuele Spavone, padre della piccola, era arrivato a bordo di un motorino guidato dal suo complice, e aveva fatto fuoco. Proprio il giorno dell’omicidio, al Palazzo di Giustizia di Milano, la bimba di otto anni aveva raccontato al gip Teresa De Pascale le violenze subite dal nonno, confermando ciò che aveva precedentemente detto agli agenti di polizia durante una conversazione protetta. Lo stesso giorno, dopo circa due ore, l’esecuzione. Per quell’omicidio si erano costituiti due uomini. Il killer materiale, padre della bambina, nata da una relazione, poi conclusasi, avuta con la figlia della vittima. E il suo complice, un 27enne che guidava il motorino da cui erano stati sparati i proiettili mortali. Entrambi erano stati accusati di omicidio volontario aggravato dalla premeditazione.

La richiesta del pm: 2 ergastoli

Il pubblico ministero, Monia Di Marco, aveva chiesto due ergastoli. Richiesta non accolta dal gup di Milano, Aurelio Barazzetta, che ha concesso a entrambi le attenuanti generiche equivalenti alle aggravanti, premeditazione e recidiva. Lara Benetti, avvocato della figlia della vittima, ed ex compagna del killer, ha sottolineato: “Aspettiamo le motivazioni sulla concessione delle attenuanti generiche che sono state considerate equivalenti all’aggravante della premeditazione, che comunque è stata riconosciuta. Come ha anche sottolineato il pm in udienza, la confessione del killer, contraddittoria in sede di interrogatorio, non può essere considerata motivo di attenuante”.

Aveva negato la premeditazione

Il genero è stato così condannato a dover scontare venti anni dietro le sbarre, mentre al complice sono stati dati diciotto anni. Il padre della bimba aveva subito negato si trattasse di un omicidio premeditato e aveva anche cercato di difendere l’amico, affermando che non sapesse nulla di ciò che sarebbe avvenuto. Il 35enne aveva infatti parlato di un raptus improvviso, generato da un black-out mentale. I giudici hanno riconosciuto un risarcimento solo simbolico alla figlia della vittima, pari a un euro. Il legale ha spiegato che la sua assistita “si è costituita parte civile per fare sentire la sua voce, e ha chiesto solo una cifra irrisoria appunto perché nessuno pensasse che volesse approfittarsi economicamente della situazione”.

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