Password di Stato, la tentazione del governo Conte di imbavagliare il web e spiare gli italiani
Una password di Stato anche per navigare sui siti privati, fare transazioni sulle banche online e per fare acquisti su Amazon: è l’idea balzana del ministro dell’Innovazione, la grillina Paola Pisano. Che scatena un putiferio sui Social. Tanto da costringere l’ex-assessore della giunta Appendino a fare velocemente retromarcia fra l’imbarazzo generale. E a rimangiarsi la storia della password di Stato.
«Bello vedere che ci si ispira ai modelli cinesi di libertà digitale. Avanti così», scrive, su Twitter, Francesco de Collibus.
«Un’altra cagata partorita da incompetenti», gli fa eco sul Social, Vergotcom.
«Cittadini che si fidino dello Stato per una cosa simile andrebbero segnalati per l’assegnazione di un assistente sociale, essendo evidentemente incapaci di intendere e volere. Per non parlare di quelli che la propongono», scrive Arturo Caisut replicando alla Pisano.
E TheSciScribler ironizza ricordando alla ministra la recentissima truffa di Natale contro NoiPA, la piattaforma della Pubblica Amministrazione che gli hacker sono riusciti a bucare proprio pochi giorni fa, a Natale, rubando stipendi e tredicesime. «Un unico sistema di autenticazione per accedere a qualunque cosa. Dalla banca, agli acquisti online passando per la pubblica amministrazione. Geniale. Cosa potrà mai andare storto?».
L’allarme di Fdi: dati consegnati a multinazionali straniere
«Siamo a livelli di follia», tuona Alessio Butti, parlamentare di Fratelli d’Italia. E ricorda «le numerose interrogazione presentate da Fdi al riguardo, a cui i grillini non rispondono».
«La questione è delicatissima – spiega Butti – La Pisano sembra sufficientemente irresponsabile e superficiale. Pensa di essere ancora assessore al Comune di Torino».
«A Torino – rivela Butti – la Pisano ha affidato tutti i dati a Google. Di fatto tutta la Pubblica Amministrazione di quella città girava in questi termini. Vale appena il caso di ricordare che Google ha fatto un accordo con Telecom per i suoi 23 Datacenter sparpagliati in giro per l’Italia. La verità – e la ministra dovrebbe saperlo, – è che non siamo neanche più sicuri di detenere i dati nazionali. Stiamo affidando tutto – avverte il parlamentare di Fdi – a multinazionali straniere. Stiamo consegnando loro tutti quei dati che comportano, per chi li sa sfruttare, una grande ricchezza. Gli italiani hanno diritto all’autodeterminazione digitale, al possesso dei propri dati e alla tutela della privacy».
«La frequentazione con aziende di Stato cinesi deve aver influenzato il ministro Pisano – reagisce Federico Mollicone, Responsabile nazionale Innovazione di Fdi – Ricordiamo che la Pisano, fraintendendo, forse, il concetto di innovazione, da assessore a Torino bloccò l’anagrafe per 6 mesi. Forse – la gela Mollicone – dovrebbe dedicarsi ad altro».
Così i grillini vogliono creare la password di Stato
La “sparata” della ministra grillina sveglia anche il Pd. Che chiede un “confronto urgente” al ministro sulla questione della password di Stato.
Tutto è iniziato quando la Pisano, intervistata da Radio Rai, se ne è uscita così: «Con l’identità digitale noi avremo un’unica e sola user e password per accedere a tutti i servizi digitali. E potrebbe essere utilizzata non solo per ai servizi digitali della Pubblica amministrazione ma, anche, del privato. Per esempio i nostri conti in banca, prenotare un’auto in sharing, andare al cinema, comprare su Amazon».
Non solo. «User e password dovrebbero essere dati dallo Stato – si è spinta a sostenere la Pisano – perche è lo Stato l’unico soggetto che ha davvero certezza che quello è quel cittadino. Lei, lo sa quanto truffe ci sono sull’identità su internet?».
Basterebbe ricordare alla Pisano l’arretratrezza dello Stato italiano rispetto al processo digitale. O i moltissimi pasticci compiuti dallo Stato quando ha cercato di mettere in piedi una qualche forma di identità digitale per i cittadini. E sarebbe stato sufficiente rispolverare la storia della Spid, il sistema unico di accesso con identità digitale ai servizi online della Pubblica Amministrazione italiana.
Lo scivolone della Spid e il caos burocratico per i cittadini
Un caos burocratico inimmaginabile per i cittadini che hanno tentato di aderirvi. Una specie di corsa a ostacoli. Fin dalla complicata procedura di accreditamento. Con le Poste, uno dei vari soggetti abilitati al rilascio della Spid, che pretendevano la presenza della persona in carne e ossa allo sportello. Perfino di quei disabili inamovibili, forse i soggetti che più avrebbero avuto necessità di “parlare” con lo Stato attraverso l’identità digitale senza costringerli a lunghe file agli sportelli.
«Sono molto perplessa per le posizioni espresse oggi dalla ministra Pisano relative all’identità digitale – dice, sorpresa, l’ex-ministro della Pa, la dem Marianna Madia – Credo occorra un confronto urgente sulle scelte complessive del Governo in materia di digitale e dati. Si tratta di un tema strategico per i diritti dei cittadini, la democrazia e la competitività del Paese. Alcune scelte meritano un approfondimento e un confronto ampio e non possono essere rilasciate ad improvvisazioni estemporanee».
Il dietrofront della ministra grillina dopo le polemiche sui Social
E su Twitter arriva anche il commento dell’ex-portavoce di Matteo Renzi, Filippo Sensi, oggi deputato Pd: «A me questa cosa mette i brividi».
Non per niente uno dei maggiori problemi riscontrati all’inizio da molti utenti era l’accesso, tramite Spid, ai servizi della Regione Lazio guidata da Nicola Zingaretti. Un accesso che, in pratica, non funzionava. E costringeva gli utenti a ri-identificarsi non considerando valida l’autenticazione tramite Spid.
Insomma la questione della password di Stato rischia di creare non pochi problemi allo stesso esecutivo rosso-giallo.
Alla fine la grillina fa dietrofront sulla password di Stato: «Vediamo di sgombrare il campo da ogni equivoco. L’identità digitale sarà rilasciata dallo Stato. E servirà a identificare il cittadino in modo univoco verso lo Stato stesso. In futuro, per aziende e cittadini che lo vorranno, potrebbe essere ulteriore sistema di autenticazione».