Seda una lite con un ex tossico: carabiniere contrae l’epatite
Era la notte del 25 aprile 2015 quando la centrale operativa del 112 inviò una pattuglia in una abitazione di Spilimbergo (Pordenone) per sedare una lite in famiglia: un giovane originario dell’Albania stava picchiando con forza la moglie.
I carabinieri intervennero subito, ma non fu facile per loro bloccare l’uomo che cercò più volte di colpire i militari con forza. Nella colluttazione, un appuntato scelto rimase ferito, riportando diverse abrasioni ed escoriazioni. E lo stesso fu per l’albanese che iniziò anche a perdere sangue. Per immobilizzare l’aggressore, l’appuntato entrò involontariamente a contatto con il suo sangue e da lì contrasse l’epatite. Il giovane albanese infatti si scoprì poi essere un ex tossicodipendente, con il sangue infetto.
Dopo che l’esito delle analisi accertò la malattia, il carabiniere l’immediato chiese il riconoscimento della causa di servizio e la concessione dell’equo indennizzo. Come riporta il Gazzettino, la Commissione medica ospedaliera accertò subito l’infezione epatica. Ma il Comitato di verifica per le cause di servizio si oppose, spiegando che la malattia non poteva essere ricondotta con certezza alla colluttazione del 25 aprile 2015 con il giovane albanese.
Così il militare dell’Arma ha deciso di rivolgersi al Tar del Friuli Venezia Giulia contro il ministero della Difesa e il comando generale. A quattro anni di distanza, dopo aver ripercorso la vicenda, i giudici hanno deciso di annullare il parere del Comitato e il decreto di rigetto, accogliendo quindi il ricorso dell’appuntato scelto, adesso in congedo. A spingere il Tribunale amministrativo regionale verso questa decisione, il comportamento del Comitato che aveva attribuito il contagio a cause esterne al servizio senza “offrire la benché minima indicazione”. “Un pronunciamento importante – ha dichiarato il legale dell’ex carabiniere, Luigi Elefante – perché se sarà riconosciuta la causa di servizio, otterrà lo status di vittima del dovere. Non dimentichiamo che l’albanese che lo ha contagiato evase poi dai domiciliari e scappò in Albania”.
I giudici hanno quindi disposto la rivalutazione del caso: ora dovrà essere tenuto in considerazione ogni elemento utile per fare chiarezza sull’insorgere della patologia che ha poi portato l’uomo a congedarsi dall’Arma. “Questi militari – ha concluso l’avvocato Elefante – vengono poi abbandonati a loro stessi dallo Stato. Ci vorrebbe una maggiore sensibilità”. Il Tar ha inoltre condannato il ministero della Difesa a rifondere al ricorrente le spese di lite di 1.500 euro.
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