Partigiani con i soldi pubblici: ecco gli incassi di Anpi & Co.
Per l’Anpi le Foibe sono solo “fandonie fasciste”. La guerra civile italiana sembra non finire mai e la totale riconciliazione in una memoria unica e condivisa resta un miraggio, nonostante i (pochi) passi in avanti.
La prossima settimana si celebrerà la Giornata del ricordo degli infoibati dalmati e istriani, donne e uomini che pagarono l’unica colpa di essere italiani. E invece di cercare confronto e memoria, l’Anpi che fa? A Parma sponsorizza il convegno in cui si proietterà il video dal titolo “La foiba di Basovizza: un falso storico”; in Veneto critica la proiezione del film “Red Land”; e a Rovigo nega l’esistenza delle fosse carsiche. Non proprio il massimo. E così è esploso lo scandalo che rischia di compromettere uno dei “tesori” dei partigiani d’oggi: le sovvezioni statali.
Certo, con un comunicato l’Associazione ha preso le distanze dalle sue sezioni locali, ma lo ha fatto lasciando spalancato il portone dei “dubbi”. Per i nipoti dei combattenti, le foibe sono state sì “una tragedia nazionale”, ma che va “affrontata senza alcuna ambiguità, contestualizzando i fatti”. Una supercazzola, insomma. “Contestualizzare” sembra infatti un modo per giustificare gli orrori titini trasformandoli in una semplice “reazione” alle occupazioni naziste e fasciste di quelle terre. Un’ambiguità che rende comprensibile le ire della Lega e dell’intero centrodestra: mentre l’assessore veneto Elena Donazzan chiede a Mattarella di “valutare lo scioglimento” dell’Anpi, il Carroccio punta a togliergli i (generosi) finanziamenti statali. “È necessario rivedere i contributi alle associazioni che negano le stragi fatte dai comunisti nel dopoguerra”, ha detto il ministro dell’Interno. Apriti cielo.
Quello dei fondi governativi è un tabù mai affrontato prima da nessuno. Per capirne la portata basta andare sul sito del Senato e affidarsi alla relazione (del 2018) sul riparto dei versamenti alle associazioni combattentistiche. I trasferimenti provengono da due voci di bilancio: da una parte, ci sono 1,9 milioni di euro riservati dal ministero dell’Interno e altri 1,6 milioni elargiti dal ministero della Difesa.
La maggior parte dei soldi (che l’Anpi tiene a precisare vengano assegnati “non a fondo perduto”, ma sulla base di “progetti di ricerca”) finisce a associazioni che si riconoscono a vario titolo nell’esperienza dei partigiani. Una galassia antifascista davvero variegata.
I fondi della Difesa sono stati così ripartiti: un milione di euro è destinato alle associazioni combattentistiche e partigiane eappena 693mila euro a quelle d’Arma. I bonifici sono sostanziosi: 81.500 euro sono finiti all’Associazione Nazionale tra le Famiglie Italiane dei Martiri Caduti per la Libertà della Patria, 32mila all’Associazione Nazionale Veterani Reduci Garibaldini, 40mila all’Associazione nazionale partigiani cristiani e 90.100 all’Associazione Nazionale Reduci dalla Prigionia, dall’Internamento e dalla Guerra di Liberazione . Senza dimenticare chi le raduna: alla Federazione Italiana delle Associazioni Partigiane mettiamo a disposizione altri 50.000 euro; mentre alla Federazione italiana volontari della Libertà altri 85mila.
Infine c’è l’Anpi. Per la più grande delle organizzazioni della Liberazione, la Difesa riserva 100.000 euro, appena 7mila in meno del 2017. Dal 2013 ad oggi, ha incassato qualcosa come 607mila euro. A questi, ovviamente, va aggiunto il 5×1000, che dal 2014 ad oggi ha fruttato 1 milione e 200mila euro. Totale: 1,8 milioni di euro abbondanti. Mica male. Senza contare le decine di finanziamenti elargiti dagli Enti locali per iniziative di vario genere (leggi qui).
Il fatto è che tecnicamente il ministero dell’Interno, cioè Salvini, non potrebbe tagliare i fondi dell’Anpi. Non è di sua competenza. Il Viminale infatti versa 232mila euro ad un’altro ente antifascista, l’Anppia, che non sembra aver messo in dubbio le foibe. Dunque può dormire sogni tranquilli.
Diverso il discorso per l’Anpi. Nonostante le rassicurazioni del presidente Carla Nespolo, il rapporto dei partigiani con le ombre della loro storia è quantomeno equivoco. Lo dimostra il “comune sentire” delle sezioni locali al di là delle dichiarazioni ufficiali del coordinamento nazionale. Ecco spiegato, allora, il perché delle reazioni politiche: invece di gridare alle “minacce” e all'”aggressiva dichiarazione” di Salvini, all’Anpi sarebbe bastato evitare le ambiguità. Senza “se” e senza “ma”.