Spallata al dl Sicurezza: i giudici ripristinano la protezione umanitaria
Un’altra sentenza limita gli effetti del decreto sicurezza di Salvini. Il provvedimento non può essere applicato in modo retroattivo, dicono i giudici del Tar del Veneto, che alla vigilia di Natale si sono espressi sul ricorso di un migrante che prima dell’entrata in vigore, il 5 ottobre 2018, della norma voluta dall’ex ministro dell’Interno, aveva la protezione umanitaria, abolita poi dallo stesso decreto.
Per questo poi si era visto negare l’accesso al sistema di accoglienza Sprar.
Il tribunale amministrativo ha accolto il ricorso e chiarito che i migranti che hanno ottenuto la protezione umanitaria prima dell’entrata in vigore del decreto sicurezza non posso essere esclusi dall’accoglienza prevista per quella tipologia di permessi: «Nel caso in cui la protezione umanitaria è già stata riconosciuta al richiedente asilo non può essere eliso un beneficio – la prestazione delle misure di accoglienza – collegato a detto riconoscimento».
Era stata già la Cassazione a Sezioni Unite un mese fa a chiarire lo stesso principio risolvendo un conflitto giurisprudenziale sorto su due pronunce contrastanti della stessa Corte. I magistrati avevano precisato che «le domande di protezione proposte da richiedenti asilo prima dell’entrata in vigore della nuova legge Salvini debbano essere esaminate sulla normativa esistente al momento della loro presentazione». E che il riconoscimento dei requisiti della protezione umanitaria poi abolita comporta il rilascio del permesso di soggiorno «per casi speciali», introdotto proprio dal decreto sicurezza, della durata di due anni.
Prima del Tar del Veneto erano già arrivate decisioni simili anche da altri tribunali amministrativi, quelli di Lombardia e Basilicata. Ora le Commissioni territoriali che esaminano le richieste di asilo potrebbero trovarsi a dovere riesaminare migliaia di domande per le quali, dopo il 5 ottobre 2018, non avevano considerato la possibilità di concedere la protezione per casi speciali con la conseguenza di aver escluso ingiustamente i migranti dalla rete di accoglienza.
La pronuncia apre infatti anche a eventuali ricorsi da parte di chi si è visto chiudere le porte dalle strutture, anche se non si tratterebbe di molti casi ormai, fanno notare gli esperti, perché l’accoglienza cessa comunque negli ex Sprar oggi Siproimi per altri motivi, per esempio dopo un anno di permanenza. Inoltre il 31 dicembre è in scadenza l’accoglienza per migliaia di titolari dell’ex protezione umanitaria: il 19 dicembre infatti il Servizio centrale del Siproimi ha inviato una circolare ai comuni ricordando che i titolari di protezione umanitaria «rimangono in accoglienza fino alla scadenza del periodo temporale previsto dalle disposizioni del Sistema di protezione e comunque non oltre la scadenza del progetto di accoglienza», ovvero il 31 dicembre. Eppure pochi giorni prima un altro decreto del Viminale aveva stabilito la possibilità di prolungare i progetti di accoglienza per altri sei mesi, come ha rivelato l’associazione studi giuridici per l’immigrazione, che «esprime la propria profonda preoccupazione sui possibili seri profili di illegittimità delle misure annunciate». Disporre la fine dell’accoglienza tra tre giorni, dicono gli avvocati Asgi, è «una decisione non sorretta da qualsivoglia motivazione e neppure da un riferimento normativo» e nota che, «l’interruzione di percorsi di inclusione sociale già avviati può fare emergere possibili profili di danno erariale».
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