I buonisti della Corte Europea vietano lo sgombero e difendono rom: anche quelli con la Porsche Cayenne
I giudici buonisti della Corte Europea per i diritti di tutti, tranne che dei cittadini normali, si schierano contro i residenti romani esasperati e difendono il degrado degli zingari. Accolto il ricorso dell’associazione 21 Luglio, bloccato lo sgombero dei camping River: Strasburgo obbligano l’amministrazione capitolina a fornire un alloggio gratuito a tutti i rom, anche a quelli che girano con il Porsche Cayenne, come unica soluzione per superare i campi.
Roma – Sussidi, contributi per l’alloggio o per il rimpatrio, soldi a pioggia su individui e famiglie per incentivarli a liberare l’insediamento rom del camping romano «River». Ma poi, come previsto, arriva il ricorso di tre nomadi ospiti della struttura e la corte di Strasburgo congela lo sgombero, in calendario ieri.
Inevitabili le polemiche, anche considerato che nei giorni scorsi era stato immortalato un costoso Suv della Porsche intento a far «traslocare» i pochissimi rom che hanno accettato i soldi offerti dal Campidoglio di Virginia Raggi per trasferirsi in Romania. 1000 euro a persona, 3000 per nucleo familiare, come previsto dal «piano Rom» di Roma, che l’associazione 21 Luglio, quella che ha supportato i tre che hanno presentato ricorso, giudica «fallimentare», e accusa di violare i diritti umani. Nulla di fatto, insomma. Così, mentre il ministro dell’Interno Matteo Salvini sbuffa su Twitter («Ci mancava il buonismo della Corte Europea per i Diritti dei Rom») in attesa di incontrare, oggi, la sindaca Virginia Raggi per fare il punto sulla questione, definita dal titolare del Viminale «un casino totale», anche la chiusura del camping River, motivata nell’ordinanza del primo cittadino come necessaria alla messa in sicurezza per questioni di inquinamento ambientale, sfuma in un nulla di fatto. E salta fuori un video girato sabato scorso che chiarisce come quello di ieri – che per l’associazione 21 luglio è uno «schiaffo al piano della Raggi» – sia stato tutto fuorché un colpo di scena. Nel video, pubblicato dal portale Fanpage, un’ospite del campo spiega come a suggerire la via del ricorso sarebbero stati gli stessi agenti della polizia municipale. Che era sul posto, ufficialmente, per cominciare le operazioni di allontanamento dopo il fallimento del ricollocamento della stragrande maggioranza degli ospiti. E invece.
«Hanno detto tutto a posto, state tranquilli, non vi fanno niente, non vi butta nessuno di fuori… solo una carta… fate ricorso ed è tutto a posto. Così mi ha detto la polizia municipale», spiega, intervistata, la donna rom ospite del campeggio alla periferia di Roma. Dove si è potuta toccare con mano la confusione nell’azione che avrebbe dovuto portare alla chiusura. Nelle ultime settimane, le forze dell’ordine hanno danneggiato i moduli abitativi (tra l’altro di proprietà comunale) per renderli inservibili, ma i residenti si sono arrangiati in tenda e, con pochissime eccezioni, rifiutandosi di aderire alle opzioni alternative proposte dal Campidoglio. Difficile approfittare del pur congruo contributo all’affitto, 800 euro mensili, vista la difficoltà a trovare chi sia disposto ad affittare case ai rom. Pochi, come detto, anche quanti sono passati all’incasso accettando il «rimpatrio». Ieri, intanto, sei famiglie rom sono state sgomberate dalla ex Fiera di Roma. Mentre in attesa di incontrare oggi Salvini, la Raggi assicura di essere in linea col pensiero del ministro: «I campi rom sono un caos dal 2008 e drenano 25 milioni l’anno al Campidoglio». Dunque la sindaca e il titolare del Viminale, a parole, sono d’accordo. L’obiettivo, comune, è «chiuderli tutti». Il problema è capire in che modo.