Conte supplica l’Europa di modificare il Mes ma la strada è in salita
«Non siamo qui per firmare nulla. Come anche da risoluzione del Parlamento, e su questo c’è piena sintonia tra Governo e Parlamento, vogliamo ancora migliorare il Mes».
Giuseppe Conte, arrivato a Bruxelles per il Consiglio europeo prova ancora una volta a sminare il terreno del Meccanismo Europeo di Stabilità e a diffondere rassicurazioni. «Abbiamo da lavorare ancora su alcuni aspetti nient’affatto secondari, ad esempio ci sono le Cacs, le clausole di azione collettiva. Ci lavoreremo. Ho già anticipato ai leader europei che dobbiamo lavorarci sopra. Prima di chiudere vogliamo una visione complessiva e il Parlamento sarà informato in modo trasparente come abbiamo sempre fatto, sarà pienamente coinvolto».
La revisione del trattato sul Mes, in base alla posizione del governo italiano, non apporta modifiche sostanziali al trattato già esistente e non introduce alcun automatismo nella ristrutturazione del debito di uno Stato, ma lascia alla Commissione europea «il fondamentale ruolo di valutarne la sostenibilità e di assicurare la coerenza complessiva delle analisi macroeconomiche effettuate sui Paesi membri».
Il messaggio fatto partire da Bruxelles dal premier italiano è, dunque, tarato sulla condivisione e la disponibilità europea – tutta da verificare – a rivedere l’impianto stesso e l’architettura delle norme del nuovo fondo salva-Stati. L’impressione diffusa è che l’Italia in questa fase possa al massimo prendere tempo in attesa che possa aprirsi qualche spiraglio visto che tutti i partner sembrano d’accordo sull’impianto della norma. Di certo la dichiarazione dell’Eurosummit che finirà sul tavolo dei leader questa mattina a Bruxelles è diventata più prudente e offre una maggiore disponibilità all’ascolto. Il punto due della bozza aggiornata recita infatti: «Incarichiamo l’Eurogruppo di finalizzare il lavoro tecnico sul pacchetto di riforme del Mes, in attesa delle procedure nazionali, e di continuare a lavorare su tutti gli elementi dell’ulteriore rafforzamento dell’Unione bancaria, su base consensuale».
Conte vive a distanza le fibrillazioni italiane conseguenti agli addii dei senatori Cinquestelle in direzione Lega. E così prova a trasformare il dibattito sul Green Deal in uno strumento utile a sedare le turbolenze industriali italiane. «Noi sosteniamo assolutamente il piano ambientale» della nuova Commissione europea, «lo vogliamo ambizioso. Chiaramente ci batteremo affinché alcuni dei fondi, come il Just Transition Fund e altri», che sono previsti per la riconversione «verde» dell’economia europea, «possano essere utilizzati per la transizione energetica nei vari settori industriali. Noi dobbiamo accompagnare la nostra industria verso questo ri-orientamento delle strategie imprenditoriali, verso produzioni che non sfruttino più combustibili fossili, che siano evidentemente eco-compatibili. E quindi l’Ilva rientra in questa logica, assolutamente», conclude il premier, rispondendo a una domanda sull’acciaieria in crisi di Taranto, i cui altiforni sono alimentati a carbone. Inoltre, da parte di Roma c’è la richiesta che gli investimenti verdi vengano esclusi dal Patto di stabilità e dal deficit. Richiesta che difficilmente verrà accolta.
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